I lettori ci scrivono

Lettera aperta di una docente “immobilizzata”

In questi giorni si sta discutendo sul Decreto Scuola, caratterizzato da un momento straordinario, con l’emergenza ancora non superata del Covid-19. Il Governo, i sindacati e il mondo della scuola stanno discutendo su varie tematiche relative alla scuola, ma soprattutto ai docenti.

Pochi giorni fa è terminata la discussione sulle modalità del concorso, e si è discusso molto anche sulle immissioni in ruolo. Di una cosa non si è affatto discusso: i docenti fuori sede.

Eppure siamo tanti. Tanti docenti che, ben prima del 2015, affidandosi alle leggi allora esistenti, hanno preso decisioni e fatto scelte di cui ancora oggi pagano le conseguenze. Come dimenticare che, nel 2011, si stabilì che le graduatorie ad esaurimento sarebbero state chiuse e blindate, per cui ognuno valutò la propria situazione e molti presero la decisione di restare fuori provincia (molti anche fuori regione), tra mille sacrifici, convinti di raggiungere prima l’agognato ruolo, per poi tornare finalmente, dopo aver svolto la giusta gavetta, nella propria provincia. Ma da allora tanta acqua è passata sotto i ponti, tante leggi sono cambiate e chi era fuori, magari ha anche avuto il ruolo, ma è rimasto fuori.

Nonostante l’esperienza certificata dai concorsi (plurale d’obbligo), dagli anni di servizio (preuolo, ruolo), dalle lauree, dalla formazione (obbligata e non), si continua a restare fuori. E fa molto male assistere ad un governo che non ascolta, non fa nulla, per intervenire su una questione semplice, lineare, affermata anche dalla legge perché non ha un tornaconto, cioè far rientrare i docenti da anni fuori sede. Non parliamo dei sindacati, che nonostante abbiano tra tali docenti molti loro iscritti, ignorano, camuffano, trasformano la situazione per non affrontarla.

Quando la Sen. Tiziana Drago ha parlato di ‘mobilità straordinaria’ per i fuori sede, si è accesa una luce, abbiamo visto che qualcuno tra i politici aveva preso a cuore la nostra situazione, ed eravamo sicuri che avrebbe incontrato l’appoggio di molti, soprattutto tra i politici,  permettetemi, del Sud, che conoscono bene le nostre realtà e i nostri sacrifici. Nulla. Di nuovo silenzio. Ancora una volta, di noi non si vuol parlare. Ma non continueremo a gridare per farci sentire.

Ylenia Franco

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