Gentile Ministro Giannini,
nell’anno scolastico che si avvia al termine le scuole hanno cominciato ad applicare la normativa sui Bisogni Educativi Speciali. È il momento, quindi, di fare un bilancio della sua applicazione. E le testimonianze che ci arrivano dalle scuole confermano le nostre iniziali preoccupazioni.
Non poche famiglie, infatti, chiedono alla scuola, talvolta probabilmente con l’aiuto di un medico compiacente, un Piano Educativo Personalizzato come scorciatoia per rimediare a uno scarso profitto scolastico, non motivato da effettive difficoltà di apprendimento. Alcune reagiscono preannunciando ricorsi nel caso che i docenti non ritengano giustificato il PEP.
D’altra parte, l’intervento dei consigli di classe, quasi sempre privi dell’indispensabile sostegno di competenze specialistiche e di strumenti didattici adeguati, spesso non può che tradursi in un puro e semplice abbassamento degli obbiettivi; e non è certo questo il modo migliore di aiutare gli alunni con problemi di apprendimento.
Vogliamo poi segnalarle una grave distorsione che la normativa introduce in una corretta visione della formazione dei giovani. Essa induce infatti a pensare che le difficoltà scolastiche di qualsiasi tipo e origine si possano e quindi si debbano affrontare sul piano della didattica, mentre molto spesso derivano da problemi extrascolastici. Infatti le frequentissime difficoltà nell’attenzione e nella concentrazione, la stancabilità, l’irrequietezza, la scarsa autonomia, i comportamenti oppositivi hanno spesso le loro radici nella debolezza educativa delle famiglie. Molti bambini arrivano alla scuola materna senza un’educazione di base che consenta loro di convivere con gli altri e di impegnarsi in vista di un obbiettivo. La scuola stessa a mette spesso un impegno insufficiente nel far rispettare le regole, a causa di una diffusa sottovalutazione della loro importanza. Di recente la stessa Ocse, nell’analisi dei dati dell’indagine PISA 2012, sostiene invece che la disciplina ha una grande influenza sul livello degli apprendimenti, in quanto favorisce la concentrazione e l’uso ottimale del tempo a disposizione.
Tutto questo considerato, la invitiamo ad avviare con urgenza un’indagine conoscitiva che coinvolga tutte le scuole e faccia un quadro preciso delle difficoltà, dei problemi emersi e dei provvedimenti che i docenti ritengono necessari.
Per parte nostra, riteniamo comunque indispensabile:
– assicurare a tutte le scuole, come succede ad esempio in Finlandia, la collaborazione continuativa di psicologi scolastici, logopedisti, assistenti sociali realmente preparati, in grado di supportare concretamente gli insegnanti nell’affrontare i problemi degli allievi secondo l’ottica più opportuna caso per caso, anziché dover contare, come spesso accade, solo su comitati pletorici e poco qualificati, su competenze improvvisate e su organismi di supporto ancora insufficienti ;
– delimitare in modo più chiaro e rigoroso il concetto di Bisogno Educativo Speciale – che nel testo della Direttiva 27 dicembre 2012 comprende di fatto qualsiasi tipo di difficoltà scolastica – in modo da riservare effettivamente l’adozione di un Piano Educativo Personalizzato solo a casi di gravi difficoltà di apprendimento, escludendo gli allievi il cui insoddisfacente andamento scolastico sia imputabile soprattutto a scarso impegno e alle ordinarie difficoltà che chiunque può incontrare;
– mettere al centro della politica scolastica la necessità di una scuola più esigente nel richiedere serietà e impegno e più ferma nel far rispettare le regole, in modo da assicurare al lavoro scolastico la necessaria cornice di serenità;
– favorire la diffusione di centri di consulenza educativa per i genitori, anche valorizzando quelli già esistenti in diverse zone del paese, anche allo scopo di prevenire i problemi scolastici dei figli.
Per il Gruppo di Firenze
Giorgio Ragazzini