Nella “lettera di uno studente diplomato: “i docenti ci hanno causato attacchi di panico, ansia, lacrime. Ne è valsa la pena?” vi sono alcuni passaggi su cui desidero riflettere.
Il ragazzo che scrive sembra dimenticare che a scuola – per fortuna – si insegnano ancora le varie discipline e che ognuno è chiamato a studiare e rendere, perché la normativa scolastica prevede la tanto vituperata valutazione. Ma … forse non glielo hanno detto prima che iniziasse il corso di studi?
Lamenta che “ciò che conta è il risultato, non il percorso, continuare a studiare, a fare di meglio, a essere migliori degli altri”: come si vede che non è ancora entrato nella vita! Sì, perché quando ci entrerà scoprirà che nella vita e massimamente nel lavoro ciò che conta è proprio il risultato. Il suo datore di lavoro o i suoi clienti pretenderanno da lui dei risultati e se lui non saprà darli sarà fuori.
Sostiene (giustamente!) che “fallire è normale, sbagliare è normale”: sì, certo, ma proprio lui che ha frequentato il liceo classico dovrebbe conoscere la massima “errare humanum est, sed stultum perseverare”. Cioè puoi sbagliare una volta, forse due, magari tre, ma se accumuli errori su errori sei fuori, perché gli errori nella vita si pagano, oh se si pagano!
“Gli studenti non rimarranno per sempre tali e un giorno saranno i nuovi adulti”: proprio per questo è bene che imparino prima possibile come dovranno vivere da adulti: da adulto saranno fuori dalla bambagia in cui li cullano certe scuole (non tutte, per fortuna!), sbatteranno il naso tante volte e non potranno correre a farsi consolare dallo psicologo o dal pedagogo.
Quindi: cresci, ragazzo, E fallo in fretta, perché la vita è una realtà di dura competizione e non ha pietà per nessuno!
Daniele Orla
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