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Lettera di una docente immobilizzata. Quanto dobbiamo attendere ancora?

Egregio Ministro, 

sono una docente di ruolo immobilizzata fuori regione da 7 anni. Con la legge 107/2015 mi illusero di aver raggiunto il traguardo lavorativo più importante, ma di fatto sono più precaria di prima e la mia carriera scolastica ha subito un contraccolpo ormai insanabile. Nella mia condizione ci sono docenti immobilizzati anche da oltre 7 anni, a cui si aggiungono quelli assunti dopo, che pure attendono un trasferimento che non arriva mai. Siamo circa 70.000, troppo pochi per i sindacati ed invisibili pertanto alla politica, tant’e’ vero che nessun Ministro dell’Istruzione in questi anni si e’ mai preoccupato per noi,  Lei compreso.

Degli immobilizzati sono stati lesi diritti fondamentali, primo fra tutti la “stabilità” che meglio spiega la condizione lavorativa di un docente di ruolo, ma non solo. Di certo possiamo contare sul nostro stipendio, ma assodato che la stabilità economica non basta per lavorare in modo efficiente ed efficace, in realtà non abbiamo neanche quella, perché se si continua a negarci il trasferimento e sempre più spesso anche l’assegnazione provvisoria, come accaduto quest’anno a migliaia di docenti, le nostre entrate si riducono allo stretto necessario per sopravvivere.

In media un docente fuori sede spende fra i 500 e i 1000 euro al mese per mantenersi lontano da casa, sottraendo risorse a famiglia e figli, già privati del sostegno morale che solo un genitore presente può garantire, nonostante la nostra Costituzione tuteli famiglia e lavoro come pilastri della società civile. I docenti di ruolo immobilizzati vivono una condizione di precariato non riconosciuta eppure reale, sono docenti di ruolo di serie B, per quanto penalizzati dal punto di vista personale, professionale ed economico rispetto a tutti gli altri, inclusi i precari, il che in uno Stato democratico è aberrante.

Quanto ancora dobbiamo attendere perché le nostre disumane condizioni lavorative vengano riconosciute e sanate? Abbiamo 15, 20, ed anche 25 anni di servizio, abbiamo 50 ed anche oltre 60 anni, abbiamo famiglia, figli, aspettative e voglia di fare, ma come si fa ad entrare sereni in classe se non abbiamo certezze? Come possiamo conciliare le spese insostenibili di trasferta con il caro vita che ci sta attanagliando negli ultimi tempi? Se ci viene impedito da anni di ottimizzare le nostre risorse, umane ed economiche,  come possiamo svolgere al meglio la nostra funzione? Viviamo nell’angoscia di dover partire, e non si può più tollerare che se non hai almeno un parente ammalato da accudire o sei ammalato tu, il trasferimento te lo sogni, né si può più tollerare che se non ti decidi a prendere il titolo per il sostegno resti fuori, perché l’insegnamento del sostegno non può e non deve rappresentare un ripiego.

Se i posti non ci sono vanno creati, i precedenti lo confermano: organico di potenziamento, organico covid, educazione motoria alla primaria, posti giusti ed auspicabili creati proprio in questi anni in cui però mai nessuno si è preoccupato di riportarci a casa, dove abbiamo maturato il diritto di lavorare. L’ho sentita persino parlare di filosofia ai professionali, caro Ministro, ben venga perché è una classe di concorso satura così come l’A046 che mi riguarda da vicino, la quale dovrebbe e potrebbe diffondere la cultura della legalità in tutte le scuole di ogni ordine e grado, e invece non è stata presa in considerazione neanche per insegnare l’Educazione civica, il che è surreale.

Ben vengano anche i bonus trasporti, certo, ma noi immobilizzati 60 euro li spendiamo in un solo giorno, se ci va bene. In conclusione, caro Ministro, serve con urgenza un piano straordinario di rientro per tutti gli immobilizzati, potrebbe farlo proprio Lei, per chiudere in bellezza il Suo prestigioso incarico. La Scuola Pubblica non sta messa affatto bene, siamo veramente stufi di inutili proclami preelettorali, vogliamo fatti, e li vogliamo prima del 25 settembre perché la Scuola è di tutti e tutti devono potervi entrare felici, sia di apprendere che di insegnare, vale per alunni e docenti, non vedo perché non debba valere anche per noi.

Elvira Fisichella

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