Lettera di una maestra al presidente Renzi

Gentile presidente, il suo progetto è bello, ambizioso e a tratti perfino commovente, ma da insegnante appassionata la prego, la supplico di essere più realistico, di fare un passo indietro e di avviare il progetto di ristrutturazione del sistema scolastico dalle fondamenta piuttosto che dal tetto, altrimenti il magnifico castello dei sogni rischia di crollarci addosso.

Mentre due punti nodali sono meritoriamente presenti nella riforma Giannini (assunzione dei docenti delle Gae e valorizzazione dell’istruzione tecnico professionale), altri aspetti risultano del tutto ignorati, nonostante rappresentino delle evidenti priorità, in quanto condizioni senza le quali la prefigurazione di un reale cambiamento verso il meglio diventa meramente illusoria.

Dato che le nostre scuole fatiscenti non saranno rese “belle-sicure-nuove” dopodomani, prima di lasciarsi trasportare dagli incantevoli slanci della fantasia verso un futuro non proprio imminente, ci sarebbero degli interventi più semplici e modesti, ma essenziali a cui pensare in via preliminare:

– Ridurre il numero degli alunni per classe: con le classi-pollaio resta difficile mettere in atto una didattica superqualificata, nonché conservare copiose energie per dedicarsi all’aggiornamento, alle iniziative culturali pomeridiane, alle attività integrative, alla promozione di ricerca e produzione scientifica, alla raccolta e condivisione delle esperienze con le reti scolastiche…Ci vorrebbe la tuta da Wonder Woman…

– Smettere di perseguitarci con le richieste contraddittorie come quella di personalizzare i percorsi di apprendimento adattandoli alle esigenze di ogni alunno (trenta alunni pieni di problematiche, ergo trenta modi diversi di insegnare la stessa cosa, nello stesso momento, nello stesso luogo, con gli stessi inesistenti strumenti, senza neanche l’aiuto di una bidella che li controlla quando vanno al bagno), per poi costringerci a somministrare a tutti gli stessi test di valutazione nazionale.

– Eliminare del tutto i test Invalsi: sono metacognitivi, non tengono conto della struttura e dell’età mentale dei bambini, a dispetto di quanto si ciancia presuppongono una quantità impressionante di conoscenze e, quel che è peggio, rischiano di rendere la scuola tutta improntata sulla banalità dei quiz in vista della preparazione alle prove. Presidente, non era mica l’estensione di queste sciagurate prove il metro con cui lei intenderebbe valutare il nostro merito didattico?

– Per la scuola primaria, tornare ad un orario settimanale degli alunni sufficiente, più produttivo e a misura di bambino: occorre ripristinare il modulo delle 30 ore, oppure istituire l’obbligo di spalmare le 27 ore su 6 giorni in orario antimeridiano, invece che su 5 giorni con rientri pomeridiani.

– Restituire dignità ai contenuti: urge stendere nuovi programmi didattici in cui i contenuti (e non le fumose competenze) siano chiaramente definiti e adeguatamente ripartiti tra i vari ordini e gradi di scuola, tenendo conto delle diverse età degli alunni.

Oggi nei documenti ministeriali, nei corsi di aggiornamento, nelle guide didattiche, non si fa che parlare fino alla nausea del vago e astratto “imparare ad imparare”, per formare “teste ben fatte” piuttosto che “teste piene”. Le indicazioni nazionali tratteggiano livelli di competenza così vaghi che obiettivi come “Applicare in situazioni diverse le conoscenze fondamentali relative all’organizzazione morfologica e logico-sintattica della frase” si può ritrovare tale e quale dalla prima elementare fino all’ultimo anno della secondaria. Frasi come questa sottendono in realtà una grande quantità di conoscenze grammaticali, ovvero tutte. Il fatto, però, che queste ultime non vengano esplicitamente specificate al fine di salvare l’immagine della scuola moderna e antinozionistica, dà luogo ad una grande confusione, per cui non si sa dove l’insegnante della primaria debba arrivare con il percorso di grammatica e dove la scuola media sia tenuta a riprendere le attività. Si finisce così per fare troppo, ingozzando i bambini delle nozioni di cui in realtà sono paradossalmente zeppi i libri e gli eserciziari scolastici, oppure troppo poco, passando la patata bollente al grado di scuola successivo e votandosi alla più allegra e moderna “scuola per progetti”, che oggi è libera di dedicarsi al riciclo dei rifiuti, domani alla cucina indiana e dopodomani alle danze di katmandu. Con buona pace della lingua italiana, il cui uso attuale è generalmente penoso. E se, come sottolinea giustamente lei, lo straordinario patrimonio artistico di cui siamo incredibilmente ricchi, contraddistingue la nostra identità di italiani, la lingua di Dante, del bel canto, dei nostri grandi artisti, scrittori, poeti, filosofi non merita forse la dovuta attenzione?

-Usare bene i veri esperti assunti dalle Gae per dare il via ad un tempo pieno davvero efficiente, in cui nel pomeriggio vengano insegnate arte, musica, informatica, educazione motoria, sport, inglese, lasciandoci finalmente dedicare la mattina alle discipline fondamentali. Pensi, presidente al fatto che attualmente noi docenti della primaria abbiamo a disposizione 6 ore settimanali da dedicare all’italiano e 5 alla matematica!

Con la parola “fondamentale” non si intende “di più alta dignità”, ma bensì “attinente alle conoscenze e abilità di base”. Riprendendo quanto affermato all’inizio, quando si vuole costruire qualcosa si parte dalle basi, non dalla sommità.

Questi obiettivi possono sembrare semplici e banali. In futuro, quando il cittadino diventerà un manager, un bravo tecnico, un medico, un esperto artigiano, non si vedranno neanche più, così come non si vedono le fondamenta di un edificio.

Ma senza di esse la costruzione crolla.

Presidente, ci ascolti, inizi dal principio e non dalla fine. Altrimenti questa volta potrebbe essere davvero la fine.

I lettori ci scrivono

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