Il 2 aprile 2020 ricorre la tredicesima giornata della consapevolezza sull’autismo, istituita nel 2007 dall’Assemblea generale dell’ONU per richiamare in tutto il mondo l’attenzione su tutti i diritti delle persone affette da questa sindrome.
Oggi più che mai il mio pensiero va ai tanti allievi che hanno attraversato e ogni giorno attraversano la mia vita da docente, alle loro famiglie con cui rimane a distanza di anni un legame forte, autentico che va oltre la profondità dei silenzi dei loro figli.
La bellezza dei loro sguardi rimane impresso nel tempo, come la particolarità delle persone coinvolte nella gestione e nell’assistenza. Costretti da quasi un mese in Campania all’isolamento per l’emergenza sanitaria mi sento di unirmi alle BLUEFAMILY in unico, simbolico abbraccio per il momento complicato che si trovano a gestire che al di là delle specifiche attività, strategie sociali e di scuola e di vita sono alla ricerca di semplici proposte che da nord a sud il nostro Paese tarda a mettere in campo per essere veramente una nazione inclusiva.
In questi giorni difficili per tutti, dove ognuno ha pensieri per il proprio lavoro, per la salute dei propri cari mi piace (ma immagino chi insegna come me) pensare proprio a loro, ai vari William, Alessio, Giovanni, e a tantissimi altri, alle loro famiglie che ho conosciuto e che da sempre sono stati e sono in prima linea, e oggi più che mai non vogliono perdere il contatto con la scuola, coi compagni, con gli insegnanti, con la società ma a far parte di una comunità di cui non vogliono sentirsi ancora più lontani.
Queste famiglie le immagino stanche, provate, forse anche sfiduciate ma sempre col sorriso perché sanno che non è il momento per abbattersi ed anche perché sono consapevoli che occuparsi dei loro figli seppur nelle difficoltà è il mestiere più bello del mondo.
Sospese le attività didattiche, gli interventi educativi, sociali, riabilitativi che potenziano le loro capacità e riducono i loro comportamenti problematici, si trovano ancora più oberati e stremati, consapevoli di essere dentro un sistema cooperativo comunitario debole e vorrebbero fare di tutto per adoperarsi per i loro figli per reggere l’urto di una simile situazione.
Se per loro era già difficile prima, immagino oggi in questo tempo di “guerra” dove non cercano alibi per nessuno ma sicuramente non se la passano bene.
Sanno che la loro strada non è facile da percorrere ed il prezzo da pagare per avere uno stato non proprio sensibile al cento per cento e non del tutto pronto a favorire forme di socialità e assistenza seppur ridotte è altissimo!! Sicuramente le tante madri che conosco farebbero l’impossibile, nessuna strategia sarebbe per loro difficile da decodificare per migliorare la qualità della vita dei loro figli bellissimi, distanti dagli altri, ”affascinanti ed inquietanti per il mistero che li circonda”.
I cosiddetti bambini della luna che manifestano solo una difficoltà ad entrare nel mondo degli altri, ma che tuttavia non sono del tutto incapaci di cogliere i segnali socio-emozionali seppur deboli che in qualche modo li mettano in connessione con gli altri. Eppure tra i segni lievi o profondi di questi allievi che ho conosciuto durante la mia carriera di insegnante di lettere, nella diversità dei livelli e delle cause evolutive, devono ammettere che quello che mi fa più specie non è il mistero di cui la ricerca scientifica va ancora accertandosi, quanto la mancanza di coerenza e di unità tra i vari livelli delle istituzioni.
Oggi ancora di più, nessuno è in grado di fornire una risposta soddisfacente alle famiglie di questi bambini-pesci (definiti cosi per il loro silenzio) che non solo meritano una riflessione, ma una attenzione più globale al problema.
Queste famiglie, costrette oggi ancora di più, ad un isolamento dalla vita pubblica e sociale per mancanza di una rete di coordinamento, per la difficoltà ad attivare una semplice logica del cuore di comunicazione tra i servizi, per una mancata mediazione tra la persona autistica ed il suo contesto di vita, per gli stessi operatori oggi più che mai disorientati ed impreparati a gestire questo tempo, sono ancora più fragili, disperse tra i dubbi collettivi o le determinazioni del momento che non ribaltano pregiudizi o stereotipi.
E allora se per tutti i bambini che frequentano la scuola dai tre ai diciotto anni sono stati attivati percorsi di didattica a distanza fruibili attraverso le più evolute piattaforme che permettono di disegnare, scrivere, leggere, visualizzare testi, per i bambini autistici una buona parte dell’esercito di maestri e professori sta facendo l’impossibile per essere un ponte tra loro, la famiglia, i compagni di classe. Messaggi vocali, semplici foto, disegni, video da far arrivare a loro che seppure non partecipano all’incontro virtuale quotidiano, non è detto che non esistano, perché chiusi nel loro isolamento; esistono eccome se lo vogliamo e ci sforziamo di considerarlo. È tutto nelle nostre mani!
Nonostante le difficoltà, ci sentiremmo meglio tutti se mantenessimo vivo un processo inclusivo, coltivando quella preziosissima alleanza educativa con la famiglia, il territorio, la scuola, le istituzioni creando ponti di amore e non solo con un supporto emotivo e relazionale che non avrebbe prezzo. Distanti ma vicini per richiamare l’attenzione sui diritti delle persone autistiche che non hanno voce ma che in assenza di risposte, per la parziale o totale latitanza delle istituzioni pubbliche, per le oggettive limitazioni imposte dalla società non possono permettersi di uscire dalla solitudine ed inadeguatezza del momento.
Se non si trovano soluzioni e politiche dignitose a sostenere i soggetti autistici ma in genere tutti quelli con diverse abilità e le loro famiglie, sconteremo molto presto questa carenza di risposte dovute ed adeguate e una mancata sensibilizzazione che non ci rende immuni da questa pandemia di una società che si dichiara civile! In mezzo a tutto questo voglio pensare che il cielo sia sempre più BLU!
Emiliana Senatore
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