Scrivo a nome di un consistente gruppo di docenti che in questi giorni si sta battendo contro il silenzio dimostrato dai sindacati e dalla riforma della scuola su un problema comune non solo a noi, ma anche a parecchi di coloro che il primo settembre 2015 entreranno di ruolo: il problema della mobilità interprovinciale. Ci siamo simbolicamente “battezzati” docenti immobilizzati per rappresentare quello che sarà il nostro futuro lavorativo, qualora dovesse diventare realtà lo straordinario piano di assunzioni annunciato dall’esecutivo, con la conseguente copertura di tutti i posti disponibili e vacanti. Parecchi di noi, dopo aver fatto tanti anni di precariato lontano da casa e un percorso accademico di almeno cinque anni (qualcuno, come la sottoscritta, di circa dieci anni avendo preso due lauree!), si è visto costretto, visto il sistema vigente in questi anni, a scegliere una provincia lontana da casa pur di ottenere il ruolo. Con il risultato di abbandonare la casa e la famiglia. Qualcuno è stato costretto, a costo di enormi sacrifici, a portare i figli con sè.
Se al momento in cui è stata fatta la scelta, noi tutti sapevamo che, trascorsi tre anni nella provincia in cui si fosse ottenuto il ruolo, sarebbe stato possibile chiedere il trasferimento, è ovvio ritenere che ora, alla luce di una riforma che dallo stesso Governo è stata definita epocale, tale progetto corra il rischio di non potere più essere realizzato. Con la conseguente ricaduta sulla vita di migliaia di famiglie le quali dovranno subire le conseguenze delle scelte operate da chi dovrebbe mettere al primo posto le problematiche legate al vivere quotidiano di ognuno di noi. Quello che ho visto in questi anni, sia come precaria che come insegnante di ruolo è che spesso nei colleghi manca la motivazione.
Come si può chiedere ad un docente di essere motivato se costui sa di avere la famiglia lontana e non sa quanti anni possono passare prima di poter tornare a casa? Credo che la politica debba tenere conto di questo problema, non meno grave di quello dei precari e cercare di contemperare le esigenze di tutti, quelle dei precari ad ottenere – a settembre 2015 – il ruolo e quelle di noi insegnanti di ruolo ad ottenere di poter lavorare con più serenità vicino alle nostre famiglie.
Solo da un docente motivato si possono ottenere i risultati auspicati da una riforma che si preannuncia essere di ampio respiro e che, appunto per questo e coerentemente con questa linea, deve cambiare regole che si dimostrano obsolete e che a mio avviso non hanno più senso di esistere.
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