Lettera inviata al Presidente Matteo Renzi

Salve Presidente.

Sono un insegnante della classe di concorso A059 (inserito nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto) con insegnamento decennale, che lavora nella provincia di Cremona. Le scrivo, come penso stiano facendo tantissimi altri colleghi, per ragionare insieme a Lei sul paradosso del Governo Italiano circa la gestione del mondo dell’istruzione scolastica.

Lo scorso anno il Governo Pd ha dato la possibilità al sistema universitario di organizzare corsi di abilitazione per tutti quegli insegnanti con almeno 36 mesi di servizio nella scuola. Anche io, come tanti altri colleghi, sobbarcandosi di spese (più di 3000 euro) e sacrifici non indifferenti (molti di noi sono padri e madri di famiglia), abbiamo accolto con entusiasmo questa chance di poter raggiungere la tanto agognata stabilizzazione, per cui attraverso prestiti e aiuti di ogni genere, siamo riusciti ad ottenere il fatidico pezzo di carta, che reputavamo la cosa più preziosa che avessimo mai conseguito.

A distanza di otto mesi dall’abilitazione lo stesso Governo che prima ci ha illuso, decide che non serviamo più a nulla, che la nostra abilitazione non ha più valore e che siamo costretti a ributtarci sui libri per affrontare l’ennesima prova umiliante e snervante di un concorso pubblico. Non è paradossale tutto questo? Io non so più cosa pensare. Vi ho votato nella speranza che il mio futuro potesse avere finalmente una svolta ed invece mi trovo qui a chiedermi quale futuro mi aspetta? Come farò a dar da mangiare alla mia famiglia, visto che sono l’unico che lavora (mia moglie ad un passo dall’assunzione a tempo indeterminato in camera di commercio, è stata segata dal “carissimo” Brunetta, ma questa è un’altra storia pietosa della nostra Italia). Appellandomi all’uomo Matteo Renzi e non al politico, Le chiedo di passarsi una mano sulla coscienza e trovare una soluzione a questa tristissima vicenda, in modo tale da sentirmi ancora parte di questa Italia che si sta costruendo.

Grazie e scusi il mio comprensibile sfogo.

I lettori ci scrivono

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