Come raccontare un periodo storico, contrastato e buio, come il fascismo, ai ragazzi? E come illustrare loro le leggi razziali, le manganellate ai dissidenti e poi il significato di libertà e di dittatura, con l’idea che la guerra è innanzitutto ferocia, disumana mattanza e fratricidio?
Francesca La Mantia, giovane docente di latino e italiano, scrittrice, sceneggiatrice, regista cinematografica e teatrale, ci ha provato, riuscendoci brillantemente, con una storia tanto tenue quanto esemplare, tanto semplice quanto profonda, col suo ultimo libro, rivolto ai ragazzi degli ultimi anni della primaria, e quindi anche agli alunni della secondaria di primo grado, dal titolo: “Una divisa per Nino. Il fascismo narrato ai ragazzi”, Gribaudo Editore.
Che è impresa non facile, narrarlo, considerati i risvolti drammatici del Ventennio, con le sue ideologie e la sua pressione sulla scuola e sui docenti che, oltre a giurare fedeltà al regime, dovevano pure tesserarsi al PNF, indossare la camicia nera, portare gli alunni, tra Balilla e Figli della lupa, alle adunate, per irreggimentarli ed educarli all’uso delle armi e al culto del duce.
E allora, con uno stratagemma letterario, l’autrice racconta le vicende di un bambino delle elementari, Nino, che dal grande fervore per il Duce e le sue strabilianti imprese per la creazione dell’Impero, e dunque per conquistare e civilizzare l’Etiopia (la storia è ambientata in quel periodo), passa, a contatto con la realtà vera degli uomini liberi, rappresentata dall’amicizia con l’antifascista Ruggerini e con suo figlio Gabriele, alla riflessione e alla ribellione. Incomincia a pensare, sulle parole e l’esempio di Ruggerini, che forse qualcosa non torna, che in quella divisa di “Figlio della lupa” che indossa, prima del successivo passaggio a Balilla, c’è qualcosa che bisogna rivedere e esaminare, un inghippo umano e ideale che si riverbera pure negli occhi del fratello maggiore al ritorno dalla guerra.
Naturale che a questo punto il riferimento vada al romanzo del tedesco E. M. Remarque, “All’ovest niente di nuovo”. Anche qui lo scontro brutale fra la propaganda a scuola da parte dei professori nei confronti del nazismo e il dramma sanguinario della guerra, le infatuazioni ideologiche e il volto reale e sinistro della dittatura.
Il “Nino” della La Mantia, anche attraverso le suggestive illustrazioni di Matteo Mancini, utili per rendere vivide le azioni e i personaggi, ha una simile conversione, pur nella giovanissima età; una consapevolezza dei ghiacci della dittatura del duce, che lo inducono a rigettare il fascismo e la sua violenza.
Romanzo di formazione dunque, mentre all’orizzonte del bambino, siamo nel 1936, appaiono i primi raggi dell’opposizione al fascismo e la possibile adesione alla Resistenza dopo il 1943.
Da sottolineare ancora in questo libro due Appendici: “Date e fatti storici” e “Il Fascismo e la scuola”, strumenti utili ai docenti per raccontare ai bambini, da un punto di vista comprensibile, un periodo difficile come quello del Fascismo e della guerra in Etiopia.
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