Le notizie sullo stato di salute della Scuola italiana giungono sempre allarmanti. Le statistiche parlano chiaro: l’Italia è fanalino di coda quasi a livello mondiale per quanto riguarda la formazione scolastica! Ma se questa è una realtà tanto evidente, ormai da molto tempo, perché le cose non vengono risolte? Perché non si vede neanche un piccolo accenno di miglioramento? Perché I Fondi Sociali Europei (FES) e quelli di Sviluppo Regionale (FESR) non hanno portato a quei risultati formativi sperati?
Sono diversi anni ormai che si spendono fondi pubblici in quantità per attrezzare le scuole con le più moderne tecnologie multimediali e laboratoriali oltreché per migliorare l’offerta formativa attraverso un’ampia tipologia di corsi PON che spesso rimangono quasi deserti per abbandono degli alunni partecipanti. La domanda che ci si pone è: può la Scuola italiana avere bisogno di qualcos’altro oltre questo? Cosa può far realmente decollare la formazione scolastica in Italia? A livello ministeriale è stato scoperto, ormai da tempo, un principio formativo irrinunciabile che è diventato linea guida per tutte le decisioni politiche del settore.
Si tratta del binomio successo formativo – successo scolastico. Se c’è successo scolastico allora è andato tutto bene. La scuola è una buona scuola. Il dirigente è un buon Dirigente. E così via. La scuola riceve più iscrizioni e queste portano più finanziamenti. Più finanziamenti, se ben investiti, portano più tecnologie e progetti formativi che a loro volta hanno un ritorno in termini di un maggior numero di iscrizioni. Tutti sono soddisfatti! Pace per tutti. Pace per le famiglie sempre più ansiose per il successo scolastico dei loro figli visto ormai come un epilogo scolastico annuale quasi dovuto da parte delle istituzioni. Pace per gli insegnanti, veri garanti di questo “successo scolastico”. Pace per i dirigenti (non più Presidi, garanti del processo didattico!) che così raccolgono il plauso dei loro superiori del Ministero. Pace del MIUR che così soddisfa evidentemente le richieste dei vari governi di turno.
Quindi perché la Scuola italiana va male? Abbiamo realizzato esattamente la scuola che si voleva. Siamo tutti contenti eppure si afferma che così non va bene. I nostri studenti sono sempre delle schiappe in confronto agli studenti di qualsiasi Paese industrializzato! E’ evidente che non sappiamo bene quello che vogliamo. O meglio sappiamo bene quello che desideriamo e sappiamo altrettanto bene quello che dovremmo fare ma questo non ci sta bene. Purtroppo per noi italiani non sempre si può avere “la botte piena e la moglie ubriaca”.
Se non si crede più in certi principi non si è per niente disposti a spendere fatica e tempo ad inseguire chimere. Nel caso della Scuola italiana la chimera irraggiungibile è la vera Formazione dei nostri ragazzi. Sarebbe proprio il caso, e credo sia giunto il tempo per farlo, di puntare alle cose serie da fare per la Scuola e nella Scuola italiana.
Cominciando dai vari Governi che si alternano frequentemente alla guida della nostra bella Repubblica Democratica è necessario che abbandonino (soprattutto per la Scuola) qualsiasi tentazione a far demagogia. Non c’è solo in ballo la loro poltrona ma tutto il futuro economico, sociale e tecnologico dell’Italia stessa. Ma questo è forse l’ultimo dei loro pensieri! Spero proprio di no altrimenti non c’è più alcuna speranza.
Ma lasciando stare la critica politica fine a se stessa è necessario che la classe politica prenda più consapevolezza di cosa significa “successo scolastico” e “dispersione scolastica”. Il successo scolastico non passa soltanto attraverso lo “spianamento” degli ostacoli e delle difficoltà a raggiungere la promozione. La dispersione scolastica non si elimina soltanto con “l’accoglienza”. Abbattere le barriere formative è diventato per gli insegnanti rinunciare a realizzare un processo di crescita culturale oltreché umana del discente.
Lo si fa promosso e basta! Qual è il problema? Se tutti gli sforzi devono comunque convergere, giocoforza, a quel medesimo risultato anche quando è oggettivamente molto difficile arrivarci con le normali strategie didattiche allora conviene tagliar corto e dichiarare il raggiungimento degli obiettivi formativi stessi. Si da almeno il cinque che poi per voto di Consiglio diventa sei e via. Diventerebbe estremamente stancante e controproducente insistere didatticamente per ottenere una formazione migliore.
Avresti tutti contro e diventeresti l’insegnante cattivo che fa sudare anche solo per la sufficienza! Ridurre la dispersione scolastica è diventato, in alcune realtà scolastiche, un vero e proprio compromesso tra Scuola ed utenza che vede gli insegnanti impegnati come “procacciatori d’affari” che vanno in giro a convincere alunni e famiglie a frequentare l’anno scolastico in cambio di qualche vantaggio reale o ipotetico.
Ma dietro questo particolare “impegno” degli insegnanti si nasconde quasi sempre lo spettro del mancato numero di iscritti che farebbe ridurre il numero di classi formate o, peggio, far chiudere direttamente la sede scolastica. Andrebbe poi analizzato anche il fenomeno della dispersione universitaria che riduce notevolmente il numero di laureati soprattutto in quelle facoltà definite comunemente “pesanti” quali Chimica, Ingegneria, Fisica, Matematica, Medicina, ecc.
Hanno i nostri politici preso realmente in considerazione le cause di tutto questo? Io credo e spero di no perché se non lo hanno fatto può significare soltanto che hanno pensato solo alla loro poltroncina del momento e con la solita demagogia che li caratterizza hanno pensato di apparire performanti ponendo in essere strategie di ammodernamento tecnologico e docimologico erogando fondi di vario tipo (PON ed altro). Fondi che sono serviti anche per realizzare corsi di aggiornamento, definiti in alcuni casi di alta formazione, rivolti agli insegnanti al fine di potenziare le loro competenze in vari settori, soprattutto quelle nell’uso delle nuove tecnologie informatiche. Nell’ipotesi che la classe politica abbia invece analizzato seriamente la problematica della formazione scolastica italiana c’è da temere una qualche sua volontà che si oppone al decollo del vero processo formativo. Non si tratta infatti di un problema nascosto ed incomprensibile ma al contrario si tratta di una evidente “patologia” del mondo della scuola che nasce da una spiccata idiosincrasia di tutto il personale docente e dirigente verso tutti quegli atteggiamenti formativi che puntano ad ottenere la “sostanza” nella formazione del discente.
Non si vuole negare l’importanza dell’innovazione tecnologica nella scuola. Fattore questo fondamentale ai tempi d’oggi. E’ pur vero tuttavia che l’utilizzo della lavagna interattiva non ha risolto i problemi della Scuola italiana. Bella si, sotto certi aspetti, ma fastidiosa per il tempo che si perde per accendere il computer, calibrarla e scriverci sopra con quegli odiosi pennarelli elettronici che non scrivono mai esattamente nel punto in cui li poggi e che se provi a ripassare di sopra a quanto hai già scritto pasticci il tutto. Una gran “bella spesa” per la Scuola italiana! Chissà a chi sarà convenuta più di tutti. Agli studenti e alla loro formazione pochissimo! Ma ciò non toglie che una nuova tecnologia è sempre meglio averla che non averla.
Però non possiamo credere che per risolvere i problemi della Scuola basti rivolgersi alle tecnologie e a tutte le moderne teorie didattiche in grado, sulla carta, di risolvere tutte le problematiche esistenziali del soggetto in età evolutiva (alimentate in questo dai giusti apporti della psicologia e della pedagogia) e portarlo così al successo formativo (e quindi scolastico).
Perché non creare un bel software infarcito di tutte queste belle nozioni in grado di connettersi in tempo reale ad internet, utilizzare tutti i social e tutto quello a cui non abbiamo ancora pensato. Un software che caricato nella memoria di un robot umanoide possa gestire di presenza e così facilmente una classe demotivata di ragazzi che si aspettano comunque di essere promossi. Questa idea forse piacerà a tutti i nostri politici.
Sarebbe una splendida manovra di spending review. Con un bel colpo di spugna si eliminano tutti gli insegnanti e soprattutto si risparmia sui loro stipendi! In una tecnocrazia del futuro forse questo potrebbe essere uno scenario plausibile. Ma tornando con i piedi per terra è necessario pensare adesso a fare qualcosa che abbia veramente senso per riqualificare la formazione scolastica in Italia. Questo, sempre se si vuole restare competitivi a livello internazionale e non si voglia diventare una colonia senza chances di sviluppo economico di qualche super potenza straniera.
Come fare per invertire la rotta? Per prima cosa bisogna puntare sulla serietà di quella che è la formazione scolastica tradizionale che ancora fornisce le basi indispensabili per poter giungere alle competenze sempre più alte dell’attuale realtà tecnologica ed economica. Se non si conoscono bene le basi concettuali di certe discipline scientifiche come la Matematica, la Fisica, la Chimica, la Biologia, ecc. non andiamo da nessuna parte. Gli iscritti in Ingegneria si fermano al secondo anno o prima. Così gli iscritti nelle altre facoltà scientifiche di un certo peso, come dicevamo. Tutta la tecnologia può aiutare ma non può sostituirsi all’impegno e lo sforzo mentale che devono fare i nostri ragazzi per comprendere, memorizzare e saper applicare i concetti. Questa abitudine al lavoro mentale fa la differenza tra chi continua gli studi e chi si ferma. Se questo sforzo non viene richiesto più dalla scuola allora è finita. Non puoi acquisire competenze di un certo livello. La Scuola italiana non “impone” più tale sforzo ai nostri ragazzi. Tutto è facile. Essere promossi è facile!
Quando il Ministero della Pubblica Istruzione smetterà di stare col fiato sul collo dei Dirigenti scolastici pretendendo il successo scolastico a tutti i costi e con tutti i mezzi forse ci saranno più Presidi e meno Dirigenti ed i nostri ragazzi studieranno meglio e con reale maggior profitto.
Se una scuola lavora bene da questo punto di vista credo lo si possa accertare anche dal tasso di successo negli studi post diploma e dagli obiettivi raggiunti dagli alunni alla fine del loro percorso di studi. Io sono del parere che i meritevoli vanno sempre avanti e fanno andare avanti tutti gli altri. I raccomandati vanno pure avanti ma fanno andare indietro tutti gli altri perché non sanno fare bene la loro parte in questa complessa società. Quindi che ben vengano i veri meritevoli. Più ce n’è meglio è! In aula bisogna puntare sull’emulazione costruttiva e non su quella demolitiva. Bisogna premiare le eccellenze e riqualificare i meno volenterosi. Ogni alunno deve trovare accoglienza in relazione alle sue potenzialità.
Lo sforzo educativo degli insegnanti deve essere rivolto in questa direzione. Coinvolgere il discente con attività di vario tipo volte ad avvicinarlo alla disciplina e fargli raggiungere quantomeno gli obiettivi minimi. Ma raggiungere questo obiettivo non è sempre e comunque possibile perché ogni alunno è una persona ed ha un proprio modo di relazionarsi con gli altri e di interpretare il mondo che lo circonda. Non sempre si possono rimuovere tutti gli ostacoli al processo formativo.
E’ dunque necessario ed estremamente formativo concedere al discente la possibilità di riflettere sull’importanza di una sua corretta formazione culturale scolastica. Se questo comporta la ripetizione dell’anno scolastico non bisogna necessariamente interpretare il fatto come un insuccesso dell’Istituzione scolastica o una mancanza di professionalità del docente della disciplina. Certo bisogna anche essere sicuri che il docente abbia fatto il suo lavoro.
Cosa che può comunque essere dimostrata attraverso l’insieme delle verifiche effettuate e di tutte le attività svolte negli ambienti di apprendimento oltreché di tutti i richiami e suggerimenti forniti per favorire un corretto e completo approccio all’apprendimento. In questo percorso formativo si intuisce l’importanza del rapporto con le famiglie che dovrebbe essere tenuto sempre attivo ma non soltanto da parte del docente ma anche e soprattutto da parte dei genitori.
Del resto oggi con il registro elettronico le famiglie vengono subito avvisate di una verifica andata male. Non si capisce perché certi genitori si preoccupino delle sorti scolastiche del proprio figliolo solo pochi giorni prima degli scrutini di fine anno!
Se il docente fa in classe il proprio lavoro seriamente ha tutte le carte in regola per poter lasciare la materia senza subire le continue vessazioni da parte di “zelanti” Dirigenti che hanno immolato la loro professionalità al servizio del “bene” comune e che non fanno altro che spingere i Consigli di classe a promuovere oltremodo tutti. Si tratta, in alcuni casi, di aridi personaggi ai quali spesso interessa “gestire” la Scuola e fare in modo che tutto vada “liscio” senza problemi per nessuno e soprattutto con qualche loro personale ritorno.
La Scuola italiana va male per questi motivi perché nel suo seno si annidano numerosi sedicenti formatori (diversi docenti e dirigenti) che non hanno a cuore le sorti dell’Italia come non hanno a cuore l’educazione dei più giovani. Ma se in una scuola esiste un dirigente che punta realmente a far crescere quella realtà formativa territoriale allora in quella scuola verranno curate le eccellenze allo stesso modo di come si cureranno le carenze dei discenti meno performanti.
In quella scuola si attueranno tutte le strategie didattiche e di coinvolgimento delle famiglie. In quella scuola si faranno anche progetti speciali e si potrà curare in modo efficace anche l’Alternanza Scuola Lavoro.
In quella scuola si potranno fare anche i viaggi di istruzione didatticamente ben strutturati. In quella scuola si lavorerà veramente per la crescita culturale ed etica della società. Da quella scuola usciranno i cittadini di domani di cui abbiamo tanto bisogno. Io voglio questa scuola!
Io voglio una scuola dove sai che avrai i voti che meriti e dove la promozione devi meritartela! La Scuola di oggi, ad eccezione di alcune eccellenze, non è così ma la Scuola Vera non la merita! Cari politici se avete capito agite di conseguenza. Sono i nostri figli che hanno bisogno di aiuto! Noi insegnanti dovremmo fare una profonda riflessione.
Giuseppe D’Angelo