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L’ex ministro Fioramonti: “Tetto di alunni stranieri? Idea anti-educativa. Le scuole internazionali sono ovunque, in Italia no”

L’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, in carica per soli tre mesi dal settembre al dicembre 2019, ha rilasciato un’intervista a Fanpage in cui ha discusso del suo attuale impiego e in cui ha commentato l’operato dell’attuale capo del dicastero di Viale Trastevere Valditara.

“Non sono stato messo in condizione di lavorare bene”

L’ex ministro oggi è direttore fondatore dell’Istituto per la Sostenibilità dell’Università del Surrey. Ecco le sue parole in merito alla brevità del suo incarico: “Non sono stato messo in condizione di lavorare bene. In realtà sono stato lì per quasi due anni, perché ho fatto il viceministro per oltre un anno. Secondo gli accordi la mia nomina a ministro avrebbe dovuto significare un completo cambio di registro. Questo non è avvenuto assolutamente, anzi i fondi sono diminuiti. Ne vediamo gli effetti tutti i giorni, questo è lo stato della scuola italiana. Purtroppo la situazione non è cambiata”.

Ecco il suo commento in merito all’eventualità di un tetto di alunni stranieri nelle classi italiane, di cui hanno parlato Valditara e il leader della Lega Matteo Salvini: “È una proposta anti-educativa. Io capisco anche perché alcuni possano pensare che limitare il numero degli stranieri nelle aule sia un modo per tutelare la cultura italiana. Ma la cosa più bella in realtà è la diversità. I miei figli parlano cinque lingue, noi stiamo imparando il rumeno a casa. Ogni volta che c’è un bambino straniero lo invito a venire a casa nostra e a parlare la sua lingua, e insegnare anche quattro o cinque parole ai miei figli. La cosa più bella è acquisire conoscenze. Se i miei figli fossero in un’aula di una scuola pubblica con dieci, quindici, venti bambini di tutte le parti del mondo, sarebbe bello che imparassero tutti le loro culture. Sarebbe un’educazione nuova. E questo è quello che dovremmo fare. Nel resto del mondo ormai le scuole di carattere internazionale sono diffusissime. In Italia invece no. Ecco, rischiamo di diventare provinciali su tutto. Una cosa è mantenere l’ordine nell’aula, su questo siamo d’accordo. Bisogna mantenere numeri bassi, ma non dividere stranieri da italiani”.

“Proporrei un anno zero dell’università”

E, sul mondo delle Università: “Servirebbe una cultura accademica completamente diversa, una rigenerazione. Se dovessi tornare a fare il ministro, proporrei un anno zero dell’università. Andiamo a vedere chi davvero si merita di stare dietro una cattedra. Chi non se lo merita, lo mandiamo via e facciamo arrivare quelli che invece sono davvero in grado di portare avanti una cultura accademica diversa. Assumere la gente sulla base delle competenze, non delle amicizie, dei favori, dei legami personali. 200 ricercatori assunti in Inghilterra, non ne conoscevo uno. Non esiste questo concetto. Abbiamo i nostri rettori che fanno andare avanti e promuovono chi è davvero competente, non chi è fedele. Ecco, questa cultura va cambiata. Purtroppo se non la cambiamo rischiamo che anche i giovani accademici italiani si abituino a ripercorrere e perpetuare questo tipo di mentalità”.

Salvini: “Quando gli italiani sono il 20% dei bambini in classe, come fa una maestra a spiegare?“

Secondo Salvini, quando in una classe “hai tanti bambini che parlano lingue diverse e non parlano l’italiano è un caos. Bisogna controllare la presenza di bambini. Un 20% di bambini stranieri in una classe è anche stimolante ma quando gli italiani sono il 20% dei bambini in classe, come fa una maestra a spiegare?“.

Il titolare del Mim ha successivamente dato l’impressione di volere quindi prendere le distanze dall’introduzione del 20% di limite massimo di alunni non italiani in ogni classe prospettato dal vicepremier. “Si tratta – ha detto Valditara – non tanto di fissare tetti rigidi, quanto di realizzare l’obiettivo di garantire una vera inclusione, evitare le classi ghetto, evitare che i ragazzi che non conoscono una sola parola d’italiano siano tutti insieme in maggioranza in una scuola. In questo modo non si fa loro del bene e neanche ai pochi italiani che rimangono in quella classe”.

Valditara ha quindi tenuto a dire che “un ragazzo nato in Italia che conosce l’italiano ha una situazione profondamente diversa rispetto a un ragazzo appena arrivato in Italia che non conosce nemmeno buongiorno e buonasera, ciao e arrivederci. Se una classe è composta in maggioranza da ragazzi che non conoscono l’italiano diventa didatticamente difficilissimo riuscire a portare quei ragazzi a competenze elevate, pari a quelle dei ragazzi nelle altre scuole”.

Secondo Valditara “si tratta di riuscire a fare una distribuzione equilibrata e di fare corsi di potenziamento in italiano e in matematica“.

Redazione

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