«La libertà, l’uguaglianza e l’indipendenza sono i tre principi su cui si fonda uno Stato e sono principi tutelati dalla legalità». Lo ha detto Sergio Sottani, procuratore della Repubblica presso la Corte di appello di Ancona, davanti 100 studenti riuniti nell’Aula Magna del Liceo “Rinaldini” del capoluogo marchigiano per l’iniziativa “A scuola di legalità”. Sono molte le domande che gli studenti si pongono di fronte ai grandi temi dell’economia, della politica, della vita civile. Tanto che i più avveduti si chiedono (e chiedono ai loro insegnanti), come siano possibili indipendenza, uguaglianza e libertà in un quadro di crisi e precarietà perenni come quelle che caratterizzano la vita italiana da dodici anni (almeno) a questa parte.
In precedenti articoli abbiamo visto quali soluzioni F.D. Roosevelt sperimentò per far uscire gli USA dalla grande crisi del 1929. La sua più grande lezione è che l’economia capitalistica può non far (troppi) danni soltanto se mitigata dal controllo dello Stato e della politica: patto, naturalmente, che la politica sia subordinata all’etica, e che lo Stato sia realmente democratico; ossia ispirato — appunto — ai principi (liberali) di libertà, uguaglianza, indipendenza.
Lasciato a se stesso, difatti, il dio Mercato si rivela per quel che è: un feticcio neopagano sordo e muto, privo di cervello, che non può assolutamente autoregolarsi, perché non risponde nessuna logica se non a quella della “libera volpe in libero pollaio” (come James Joyce definisce la Chiesa Cattolica nell’”Ulisse”). Se non vuole autodistruggersi, lo Stato deve far aumentare la domanda interna accrescendo la spesa pubblica, anche facendo ricorso al deficit di bilancio e all’aumento di moneta in circolazione. Al contrario, governare secondo le teorie neoliberistiche, lasciando libere le “energie animali” del capitalismo, significa commettere il medesimo errore che commetterebbero i leoni se si mettessero a mangiare tutti gli erbivori: finito il cibo, morirebbero anch’essi, di fame.
Gli interventi regolatori del new deal relativi alla protezione sociale esistono ancora oggi negli States, ma molto depotenziati. Infatti, negli anni ‘70 le classi dirigenti nordamericane hanno deciso un’inversione di rotta della politica economica, in senso marcatamente neoliberista . Il sistema fiscale statunitense, che era stato reso dal new deal molto progressivo (ossia leggero per i poveri e gravoso per i ricchi) è rimasto quindi in vigore fino agli anni ‘80, quando è stato stravolto dal Presidente repubblicano Ronald Reagan. Il Glass-Steagall Act (la legge che aveva separato le banche commerciali da quelle d’investimento, limitando la speculazione), fu di fatto annullato soltanto nel 1999 — per iniziativa del Presidente democratico Bill Clinton — dal Congresso maggioranza repubblicana. In tal modo si costituirono gruppi bancari che praticavano sia l’investment banking sia l’attività bancaria tradizionale. I frutti di questa decisione (molto gradita al grande capitale finanziario) si videro poco tempo dopo: secondo molti studiosi, infatti, fu proprio questa una delle cause della crisi che da dodici anni imperversa nel pianeta.
Ebbene, per superare questo ormai perpetuo stato di crisi, non c’è altra ricetta se non far marcia indietro rispetto al neoliberismo: ossia rispetto alla “religione” economica e finanziaria che sta distruggendo l’ecosistema planetario e provocando guerre, infelicità, migrazioni, nonché il drenaggio costante di risorse e ricchezza dalle tasche del 99% degli umani verso i forzieri dell’1% più opulento. Chi ancora si crede al sicuro perché membro della classe media (o perché docente tempo indeterminato nella Scuola statale), dovrebbe smettere di dormire sonni tranquilli: se le attuali politiche economiche mondiali perdurano, a breve non esisterà più una classe media (né insegnanti al sicuro); e la popolazione umana sarà divisa tra un’infima minoranza di straricchi ed una massa sterminata di schiavi in miseria.
Roosevelt prese provvedimenti “keynesiani” dopo soli quattro anni dal “giovedì nero” del 1929. I signori dell’economia e della politica mondiale, invece, dopo dodici anni dall’inizio della crisi attuale, continuano a curare i mali prodotti dal neoliberismo con dosi massicce di neoliberismo. Come se un medico pazzo desse da mangiare chili di sale ad un iperteso cronico.
Se chi governa il pianeta non intende invertire la rotta (facendo tesoro degli insegnamenti del passato), ciò potrebbe indurre a sospettare che quella attualmente in corso non sia una crisi economica, ma un processo di accentramento della ricchezza nelle mani di una ristrettissima oligarchia: processo scrupolosamente studiato a tavolino e freddamente portato avanti da decenni.
Prendere in considerazione questa ipotesi è sintomo di fantasia complottista? O non, piuttosto, capacità di analizzare i fatti senza pregiudizi (come è tipico delle persone colte e libere) alla luce della realtà?
E non è compito dei docenti degni di questo nome spiegare (secondo scienza e coscienza) agli studenti come stanno realmente le cose?
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