La questione della prosecuzione delle lezioni a giugno sta creando qualche imbarazzo all’interno delle organizzazioni sindacali che non sembrano in grado di individuare una linea d’azione comune.
Nei giorni scorsi la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan ha lasciato intendere che sul tema si può tranquillamente discutere e che due settimane di lezione a giugno non sono un tabù.
Nella serata di giovedì, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, intervenendo alla trasmissione Piazza Pulita, ha assunto una posizione analoga.
Il giornalista Sebastiano Barisoni gli ha fatto osservare che se davvero il sindacato sta dalla parte delle fasce sociali più disagiate dovrebbe ben sapere che la DaD ha creato danni proprio ai ragazzi delle famiglie più povere ed ha aggiunto che proprio per questo il sindacato dovrebbe chiedere la prosecuzione delle lezioni anche a giugno. Landini ha replicato con una battuta (“Mi pare che non sia neppure il caso di discuterne visto che siamo d’accordo”) aggiungendo anche che il problema è complesso perché le cose sono andate in modo molto diverso nei diversi territori e quindi dove è necessario si potrebbe benissimo proseguire con le lezioni anche a giugno.
(Cliccare qui per guardare la puntata di Piazza Pulita, l’intervento di Maurizio Landini è al minuto 1:06:16)
Nelle settimane passate il segretario nazionale di Uil Scuola Pino Turi aveva addirittura sottoscritto l’appello del Gruppo Condorcet, salvo – nelle ultime ore – prendere le distanze rispetto alle voci secondo cui il nuovo Governo potrebbe prendere qualche decisione nel merito: “Noi non sappiamo cosa pensi Draghi sulla scuola, ma se si parla di cambiamento del calendario, allungandolo, si apre una valutazione che non riconosce alla didattica a distanza la funzione di vera scuola che è solo in presenza. Si riconosce, come noi andiamo dicendo da tempo, la Dad come strategia didattica di emergenza”.
Nel corso della storia già in altre circostanze i sindacati si sono trovati a dover prendere decisioni difficili.
La situazione più drammatica si ebbe forse nel 1984 quando Cisl e Uil firmarono l’accordo sulla scala mobile in aperto dissenso con la Cgil che l’anno dopo sostenne persino il referendum abrogativo dell’accordo promosso dal Partito Comunista di Berlinguer (si veda in proposito una nostra recente intervista Maddalena Gissi, segretaria nazionale Cisl Scuola).
Nel 1999 i sindacati della scuola presero una decisione che si rivelò poi ampiamente impopolare: nell’articolo 29 del Contratto nazionale era stato inserita la norma che prevedeva un aumento stipendiale molto importante legato però al superamento del cosiddetto concorsone.
E proprio su quel punto nelle prime settimane dell’anno successivo una protesta massiccia sostenuta dalla Gilda e dai sindacati di base costrinse Berlinguer a sospendere il concorsone e persino a dare le dimissioni.
Non sappiamo se anche questa volta i sindacati vorranno prendere decisioni difficili e forse impopolari, ma un fatto è certo: la situazione è molto complessa e, con ogni probabilità, per uscire dalla fase drammatica che stiamo attraversando si dovrà rinunciare alle soluzioni semplici.
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