Le difficoltà oggettive di un processo rigoroso di state building, divenuto oramai il medesimo in tutte le realtà coinvolte nei generali disordini correlati alle Primavere Arabe, si riflettono drasticamente sulla qualità dei servizi e sullo stato di diritto, di cui gli aspetti e riferimenti democratici sono messi a dura prova dal controllo politico diretto sul Paese operato da alcuni gruppi familiari d’assetto neo-tribale (noto il caso degli Hezbollah).
La scuola e l’istruzione sembrano essere, nonostante gli indicatori di sviluppi le collochino su un piedistallo tristemente critico, all’ultimo posto in ordine di importanza, tanto che già i limitatissimi investimenti hanno prodotto una storica crisi di settore che ha visto decine di migliaia di docenti abbandonare il paese (e, di conseguenza, il ruolo in Libano) e studenti le lezioni, che in alcune distretti non hanno più luogo. Inflazione, crisi economica e territoriale (difficoltà di coesione etnica e regionale anche per rivendicazioni non dichiarate ufficialmente) si abbattono su un sistema educativo in crisi palese.
Un centinaio di insegnanti si è riunito alla manifestazione fuori dal Ministero dell’Istruzione lo scorso venerdì, bloccando il traffico e impugnando insegne che richiedevano aumenti salariali con appositi slogan. “Abbiamo chiuso con la carità”, ha dichiarato alla stampa locale Nisreen Chahine, segretario del sindacato degli insegnanti libanesi a contratto.
“Non stiamo più negoziando. Dovrebbero giustamente pagarci o andare a casa”. Gli insegnanti hanno tenuto discorsi chiedendo ai funzionari di uscire dal dicastero ed avere un confronto pubblico, di piazza. Ma come di consueto, in queste proteste regolari, nessuno del ministero si è presentato. Dopo diverse ore, gli insegnanti si sono ritirati senza risposta alcuna ricevuta dalle autorità competenti.
Le scuole ed il sistema educativo del Libano si stanno sgretolando sotto il peso del collasso economico del paese mentre la leadership politica – che ha direttamente causato la crisi finanziaria e conseguentemente economica attraverso decenni di corruzione e errata gestione delle risorse e delle crisi – pare rifiutarsi di prendere qualsiasi misura per risolverla. Dall’inizio del tracollo finanziario registrato alla fine del 2019, oltre tre quarti dei 6 milioni di libanesi sono precipitati nella povertà, i loro beni, risparmi ed il rispettivo potere d’acquisto si sono polverizzati all’istante creando un tracollo definitivo dei consumi e delle possibilità dei numerosi gruppi familiari coinvolti.
La maggior parte dei bambini del paese non si reca a lezione da mesi, molti da prima che gli insegnanti, che continuano ad affermare di non poter più vivere con i loro stipendi attuali e scioperano da dicembre scorso continuamente dinanzi le sedi del Ministero dell’Istruzione sparse per il paese.
Un tempo, sino agli anni ’70 del secolo scorso, il Libano era noto per la produttività di una forza lavoro altamente qualificata e formata. Attualmente, quasi da ossimoro, un’intera generazione sta perdendo formazione di elevata qualità, causando danni a lungo termine con riferimento alle non proprio rosee prospettive per l’economia e il futuro del paese. Gli insegnanti hanno indetto lo sciopero in quanto i loro stipendi, in lire libanesi, sono divenuti insufficienti per coprire l’affitto e altre spese di base. La maggior parte degli insegnanti viene ora pagata l’equivalente di circa un dollaro statunitense l’ora, anche dopo diversi aumenti dal 2019. I negozi di alimentari e altre attività ora di solito valutano i loro prodotti in dollari statunitensi, in quanto la valuta locale fluttua velocemente per via dell’iperinflazione in corso.
Anche prima della crisi finanziaria ed il relativo tracollo del 2019, gli investimenti del Libano sulla scuola pubblica erano limitati ad un punto percentuale del PIL. Nel 2020, la spesa del governo per l’istruzione equivaleva solo all’1,7% del PIL del Libano, uno dei tassi più bassi al mondo, secondo la Banca Mondiale. Il Ministero nel 2022 ha stanziato 3,6 trilioni di lire libanesi per l’istruzione, l’equivalente di circa 90 milioni di dollari statunitensi quando il budget è stato approvato ad ottobre, corrispondenti a meno della metà del budget di 182 milioni per l’istruzione relativi ad un programma umanitario finanziato da donatori esterni privati.
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