Può risultare utile e interessante cercare di fare il punto sull’iniziativa “Liberare la scuola”, lanciata in rete da sette DS in data 29 febbraio scorso, e su altre questioni ad essa attinenti e collegate, anche se omesse dagli stessi DS.
Quota mille firme
Così scrivono sul loro sito (dirigentiscolasticitaliani.it
Critiche ma non ostilità
Conviene precisare che queste osservazioni critiche iniziali e le altre che seguiranno potrebbero risultare sgradite e antipatiche a promotori e sottoscrittori dell’appello, però non scaturiscono da acrimonia o da un’ostilità preconcetta o viscerale verso il gruppo di DS, ma sono supportate dai fatti, oggettive, non possono essere nascoste o negate perché non converrebbe a nessuno.
È certo cosa positiva se un gruppo di dipendenti Miur cerca di organizzarsi e di far valere le proprie ragioni e richieste. Però il giudizio favorevole all’aspetto organizzativo e intenzionale non può estendersi poi automaticamente alle richieste e all’operato del gruppo, né sono le critiche che possono provocare l’eventuale insuccesso delle iniziative, anzi.
Il titolo slogan
Il titolo “Liberare la scuola” non è casuale o banale, ma è stato scelto con professionalità per risultare accattivante e atto a mettere in buona luce sia il messaggio che i promotori dello stesso, ha buone caratteristiche di immagine e di buon marketing, sembra il gemello della “Buona scuola” di Renzi, Giannini e c., che però – in maggior parte – ha fallito per quanto riguarda fatti e contenuti, sta creando problemi, insoddisfazioni, contrapposizioni, delusioni e critiche, comprese quelle dei nostri DS.
Mentre i DS, tenuti ad applicare la l. 107, non sembrano nella condizione di criticare la “Buona scuola” in applicazione, i docenti risultano più sensibili, colpiti e coinvolti, tanto che uno di loro, Manlio Amelio scrive: “la deportazione, il depotenziamento, la duplicazione della supplentite, la svalutazione degli insegnanti, lo sfruttamento obbligatorio dei minori, la morte dell’art. 33 della Costituzione, la negazione dell’uguaglianza formale tra i docenti, l’antitesi della meritocrazia!… l’estinzione della democrazia, l’ampliamento della burocrazia!” (v. in rete “Alla manieraccia di Renzi, la scuola colata a picco!”).
Innovazione e miglioramento
Innovazione e miglioramento compaiono nel documento come due refrain un po’ isolati. In proposito si può dire che entrambi richiedono appunto “energie e risorse” ma non possono aspettare che queste vengano dai risparmi futuri di una burocrazia resa meno invadente. D’altra parte e nonostante le assicurazioni contrarie, nell’ultimo anno le risorse destinate all’istruzione sono diminuite dal 3,9% al 3,7% del Pil nazionale e sono destinate ancora a scendere secondo il Dpef.
Altro aspetto dell’innovazione è che essa è parte inscindibile della didattica, come pure la valutazione dei ragazzi e l’aggiornamento dei docenti, tutti aspetti che non possono essere espropriati ai docenti e avocati ai DS per essere poi calati e imposti dall’alto.
#iononsciopero
Alcuni dei DS promotori o firmatari dell’appello attuale “Liberare la scuola” risultano tra i promotori o firmatari di un altro documento datato 28 aprile 2015 e titolato “#iononsciopero – E voglio migliorare il ddl ‘La buona scuola’”! Il contenuto, il senso e lo scopo di detto documento non necessitano di spiegazioni e commenti. Il 5 maggio 2015 le adesioni alla protesta raggiunsero il numero di 620.000, senza l’appello a non scioperare sarebbero state ancora di più. Il ddl 2994 poteva essere allora revocato o modificato, il sindacatoni si lasciarono scippare questa possibilità da un governo impaurito, ma testardo e ostinato (se per abilità o inganno di questo, o loro ingenuità e incapacità, o accordo sottobanco non è dato sapere) e il ddl divenne la pessima legge n. 107/2015. Ora logica e coerenza vorrebbero che chi, appena 11 mesi fa, lanciava l’appello #iononsciopero, ora 1°) ammettesse errori e responsabilità prima di chiamare disinvoltamente a “liberare la scuola”; 2°) riconoscesse esplicitamente le inadeguatezze della l. 107, allora tanto decantata; 3°) non si atteggiasse adesso a saputello o furbetto proprio rispetto a chi allora protestò con lo sciopero contro un ddl pieno di difetti e assurdità.
Ridurre la burocrazia
Sacrosante le richieste (punti 1, 2, 3 del documento DS) per semplificare e ridurre la burocrazia come pure il vizietto governativo di assegnare incarichi e responsabilità senza curarsi di fornire le risorse e le norme corrispondenti e adeguate a gestirle. Però la degenerazione burocratica (burocratosi?) non è novità degli ultimi mesi, è deriva endemica ed esponenziale dei governi, ne ha scritto su Repubblica di ieri, 20 marzo, anche Michele Serra (“Salvateci dallo stalker burocratico”).
Va anche osservato che le posizioni dirigenziali e gerarchiche poggiano in buona parte proprio su complessità burocratiche inventate o accentuate, ottenute mescolando impropriamente aspetti didattici con necessità organizzative. In altre parole, potando o tagliando i rami della burocrazia – cosa ovviamente necessaria – possono venir meno anche prerogative dirigenziali.
Infine appare astuto voler incanalare sulla scia di “meno burocrazia e più innovazione” le richieste economiche dei DS, che pure vengono negate, ma sono presenti (punti 4 e 5), e quindi chiedere la solidarietà dei docenti.
I DS non sono la scuola
Con la precedente nota del 12 marzo, chiedevamo “La ‘scuola’ si riduce solo a loro stessi, ai loro problemi, alle loro richieste?”. Possiamo aggiungere che in alcune scuole – non in tutte – l’ufficio del preside è come un’isola felice, quasi un piccolo ed esclusivo santuario, lussuoso, ben arredato e attrezzato, anche con tappeti, piante da interni, comode poltrone, climatizzato, con frigo e servizi igienici esclusivi, mentre magari le aule sono in condizioni fatiscenti, abbandonate, impresentabili.
Retribuzioni dei DS
Chiedere retribuzioni adeguate o più corrispondenti alla quantità e qualità del lavoro svolto non è certo condannabile, ma anzi comprensibile e anche doveroso. Risulta strano però chiederle e insieme negare di averle chieste (per pudore?). Risulta contraddittorio chiedere soldi a fronte di maggiori attività e responsabilità lavorative e contemporaneamente chiedere la riduzione di queste ultime. Nemmeno si può ignorare o prescindere dalla situazione retributiva dei docenti (sono quelli che fanno il …. lavoro sporco! v. punto seguente) che secondo i dati tabellati da A.D. Ficara – lo ringraziamo – vedono il DS con retribuzione doppia rispetto ai docenti. Per la precisione e rapportata a 100 la paga del docente, abbiamo che nel 1990 la paga del preside era pari 146 e oggi risulta essere 207 (da una volta e mezza al doppio). SE&O.
Didattica e intendance
“La scuola, intesa come attività educativa e didattica, appartiene soprattutto ai docenti, ….” così troviamo scritto al punto 3 delle faq a corredo dell’appello “liberare la scuola”. Questa è affermazione fondamentale e innegabile anche se – nello stesso paragrafo – viene subito e decisamente placcata, si cerca di marginalizzata e assorbita.
L’interazione didattica ha come nucleo iniziale il binomio docente-discente/i , essenzialmente orizzontale (paragonabile o assimilabile, in qualche modo, all’allattamento materno), e perciò è imperniata su maestri e prof, può fare a meno dei presidi (v. in rete “Le scuole nascono senza presidi o DS”). Tanto che se uno studente è debole o non ha capito si ricorre a volte alle ripetizioni di un docente, mai a un preside.
Recentemente, il 13 marzo, “Hanan Al Hroub ha vinto il c.d. Premio Nobel per il miglior docente 2016” e Papa Bergoglio ha ricordato “l’importanza degli insegnanti, costruttori della pace, creatori dell’incontro. I bambini devono imparare giocando, imparando l’allegria, auguri alla maestra Hanan”.
Senza voler sminuire il ruolo dei DS , osserviamo che non esiste ancora il Nobel per i presidi, come non esiste l’equivalente del pallone d’oro per allenatori, guardalinee o arbitri di calcio.
Allo stesso punto 3 delle faq citate, subito dopo il riconoscimento alla didattica, segue un significativo, orgoglioso e presuntuoso “tuttavia i dirigenti scolastici …. “ che sminuisce e affonda la didattica stessa e i docenti. Viene da pensare al ben noto Marchese del Grillo e alla sua espressione colorita e oscena “Perché io so io e voi non siete ecc. “, ma questa è una malignità.
Nella scuola complessa, accanto alla didattica c’è bisogno di supporto organizzativo, burocratico, logistico, funzionale, normativo. Il supporto organizzativo ecc., che è simile all’intendance militare, può essere paragonato all’involucro della didattica, al più ai binari e alle traversine su cui viaggia il treno dell’istruzione, ma l’inversione dell’importanza dei ruoli non è consentita anche se sembra programmata in modo occulto e indebito e già in fase di attuazione (v. qui di seguito: scuola-azienda).
Scuola-azienda e l’argent suivrà
Da una quindicina d’anni (dal 2000 con L. Berlinguer ministro) è in atto una perniciosa infatuazione dei decisori politici di turno (dx o sx non fa differenza) per la c.d. scuola azienda! La cui teorizzazione o l’ipotesi risale al 1955 e a Milton Friedman (Nobel 1976 per l’Economia, non per l’Istruzione) che parlò di applicare alle scuole: leggi di mercato, concorrenza, clienti-studenti, voucher o buoni-scuola, …. Non serve avere un premio Nobel nel cv per constatare, terra-terra, che l’istruzione non è né un prodotto, né un servizio trattabile con modalità aziendali e commerciali. Nemmeno l’organizzazione di una scuola può essere assimilata a quella di un’azienda e rappresentata seriamente con organigrammi forzati e fasulli che vedono il preside in alto, in cima alla piramide. Di più, nemmeno gli apprendimenti possono essere seriamente quantificati e misurati per confluire in pseudo-bilanci preventivi e consuntivi sui quali fondare fantomatiche meritocrazie dei quiz o dei test standardizzati. Ovvio, esistono scuole più o meno buone, docenti più o meno capaci, ecc. ma valutazioni, miglioramenti, organizzazione non possono essere di tipo commerciale e aziendale, né oggettivizzate con i test a crocette. Peraltro, l’ossessione scuola-azienda ha attecchito e permane presso i politici e presso i DS (potenziali beneficiari), deforma la trattazione e la disamina dei problemi, conduce a soluzioni fallimentari e costose. Vediamo così i presidi-manager pretendere il supporto di uno staff (con esonero almeno parziale dall’insegnamento), staff ovviamente collocato e considerato al di sopra dei docenti (alla base della piramide-organigramma, quasi inservienti o semplice manodopera?), staff come spinta per innalzare ancora il preside e lanciarlo verso le alte vette dell’AD o CEO (Chief Executive Officer)! La didattica, attività di tipo orizzontale, verrebbe finalmente sottoposta e schiacciata da burocrazia e gerarchia, di tipo verticale, con un procedimento di eterogenesi dei fini. La scuola più che provvedere all’istruzione, diventerebbe occasione per carriere di vertice! Avremmo allora 8.000 manager, più 24.000 middle manager o quadri intermedi! L’argent (ou la monnaie) suivrà!
Purtroppo, negli ultimi anni, il processo perverso e latente di mala-aziendalizzazione della scuola è andato avanti penetrando nelle mentalità e nei comportamenti di molti e anche concretizzandosi con normative e leggi – riforma ultima compresa – e nelle aspettative. La responsabilità e l’iniziativa è chiaramente delle scelte dei governi, sia di dx che di sx, mentre la complicità colpevole è dei sindacatoni filo-governativi nei fatti anche se e quando gridano contro.
Fuori Registro
È stato osservato che i DS dispongono e gestiscono un sito web, una pagina e un gruppo Fb e che bannano e cancellano post. Niente di anormale, però se bannano o cancellano post non possono poi negare di averlo fatto e risentirsi se viene fatto notare loro. Stessa cosa per le rivendicazioni: liberi di formularle e sostenerle come credono, ma potranno pure essere oggetto di critiche e osservazioni, come infatti lo sono!
Nel sito Fuori Registro sono apparse, da parte DS, alcune loro critiche alle critiche ricevute (il documento del 12 marzo, ivi riportato) e si è aperto un limitato confronto. Sembra però che i DS intervenuti da una parte sfondino porte aperte e dall’altra affermino ovvietà non contestate, gli stessi però non hanno risposto (ma non sono obbligati a farlo) alle domande formulate nell’appena citato documento del 12 marzo.
Nota finale
Sono stati affrontati solo e in parte alcuni argomenti di una problematica scolastica vasta, contrastata e in evoluzione. Non mancheranno occasioni per riprendere e approfondire sia questi che altri argomenti e situazioni.
Registro firme “Liberare la scuola”
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