Il testo del Disegno di legge di riforma della scuola, approvato il 12 marzo 2015 dal Consiglio dei Ministri – opportunamente scelto come strumento legislativo al posto di un decreto legge per consentire un aperto confronto – potrebbe rappresentare l’alba di un ‘buon’ giorno e potrebbe rivelarsi foriero di novità per una ‘buona’ scuola se le aule parlamentari e le stanze ministeriali non ne modificheranno le linee di fondo durante l’iter di approvazione.
Il testo riguarda “disposizioni in materia di autonomia scolastica, offerta formativa, assunzioni e formazione del personale docente, dirigenza scolastica, edilizia scolastica e semplificazione amministrativa” ovvero i giusti ‘ingredienti’ che, se opportunamente tradotti in legge, valorizzati e finanziariamente supportati, possono consentire ai soggetti educativi di fare scuola.
Con quale criterio, allora, leggere e, perciò, giudicare il disegno di riforma della scuola appena approvato?
Occorre ripartire dalla domanda fondamentale in questo momento critico: a cosa serve la scuola? Quindi quali strumenti e soluzioni mettere in campo e garantire perché il contesto di ciascuna scuola sia messo in grado di realizzare il suo fine? A cosa serve la scuola.
La scuola oggi non può più avere come scopo la semplice trasmissione di saperi e di competenze, la realizzazione efficiente di programmi e procedure, ma è chiamata a diventare sempre più un luogo educativo e di cultura, nell’incontro tra insegnanti e alunni attraverso le materie, per la costruzione di contesti formativi liberi che sfidino il cuore e la ragione impegnando ciascuno in una verifica personale e significativa. Non solo nozioni, ma anche scoperte, passioni, gusto per la ricerca, sguardo sul futuro, progettualità e flessibilità organizzativa, rapporti proficui con il mondo del lavoro, criteri per interpretare l’esistenza e il delicato passaggio al mondo adulto.
La traduzione normativa del disegno di legge dovrà, dunque, tutelare al massimo la possibilità che insegnanti, presidi e operatori siano messi in grado, tout court, di fare scuola. E che le scuole siano dotate di autonomia e libertà: i termini giusti per indicarne natura e scopo. Come per altro già previsto nella normativa esistente e come accade in centinaia di scuole e di reti di scuole dove sono proposti percorsi di studio e di apprendimento innovativi e liberi; percorsi che devono essere semplicemente sostenuti, affinché si diffondano e diventino modelli praticabili per tutti.
Tre i compiti che la società affida alla scuola: offrire allo studente opportunità di incontro con la cultura di cui si sostanzia la vita del popolo e della comunità; valorizzare le attitudini ed il talento di ciascuno (studenti, ma anche insegnanti e dirigenti); favorire strumenti conoscitivi necessari per orientarsi al lavoro e all’università.
E la libertà di educare come principio guida con cui poter agire sia a livello decisionale che didattico.
Verso una ‘buona’ scuola?
Quali i principi ed i punti qualificanti del disegno di legge che rispondono a questi criteri e dei quali chiedere al Parlamento di dare organica e certa traduzione normativa?
– Al centro lo studente. La maggior centratura sul percorso formativo dello studente, rispetto al quale
promuovere potenziamento didattico, insegnamenti opzionali e percorsi formativi personalizzati, anche in raccordo con il
territorio, traccia l’ipotesi di una scuola più flessibile e chiama in causa la responsabilità di docenti, dirigenti scolastici e famiglie
nel valorizzare attitudini e capacità dei ragazzi.
– L’autonomia fulcro del sistema scuola. Il testo del Ddl considera l’autonomia delle istituzioni scolastiche quale volano
della ripartenza del sistema scuola. La scrittura del testo di legge dovrà, però, dimostrare la volontà di trasformare un’autonomia
ad oggi solo funzionale in autonomia reale, svincolata da inopportune procedure burocratiche e da eccesivi vincoli centralistici.
– Il dirigente a servizio della comunità scolastica. Il dirigente scolastico è riconsiderato quale figura
decisiva chiamata a ‘presidiare’, insieme a docenti, famiglie e operatori, spazi di libertà di insegnamento, di progettualità, di
proposta formativa. Gli sono attribuite responsabilità nella predisposizione del Piano triennale dell’offerta formativa e nella
assunzione di insegnanti funzionali alla sua realizzazione attraverso una chiamata da albi territoriali di docenti. Il testo inviato al
dibattito parlamentare dovrà definire, però, con maggior precisione, gli spazi di responsabilità della nuova dirigenza ed i relativi
controlli di “contrappeso”, il modello di governance in cui si colloca la sua responsabilità, il suo profilo professionale e i passaggi
collegiali con cui governare le nuove attribuzioni che il Ddl introduce.
– Potenziamento del rapporto scuola-lavoro per il II Ciclo. E’ da accogliere positivamente l’aumento
delle ore di alternanza scuola-lavoro, la corrispondente assegnazione di fondi specifici per la sua attuazione ed il rafforzamento del ruolo delle istituzioni scolastiche nel rapporto con le aziende: nella conversione in legge l’aula parlamentare dovrà snellirne le procedure ed introdurre forme di esperienze lavorative anche nel biennio degli istituti tecnici e professionali.
Assunzioni straordinarie. La stabilizzazione dei docenti precari realizza l’aspettativa di stabilità per tanti insegnanti e la possibilità per gli studenti di veder garantita la continuità didattica. La necessità di individuare procedure corrette e rispettose delle urgenti necessità delle scuola dovrebbe essere accompagnata da opportuni controlli sulla qualità dei docenti assunti (nelle GAE ad esempio vi sono diversi iscritti senza alcuna esperienza di insegnamento). Riteniamo positivo l’intento di chiudere l’annosa questione delle graduatorie e la decisione di procedere solo per concorso alle nuove assunzioni al fine di favorire un ingresso di insegnanti giovani e qualificati.
– Organico dei docenti. Si introduce l’idea che l’organico non sia più un modello nazionale statico e
standardizzato per tutte le tipologie di scuola, ma che progressivamente diventi funzionale alle specifiche esigenze d’istituto, anche attraverso nuove modalità di assunzione a chiamata. Il testo di legge dovrà garantire che siano le singole scuole a determinare la dotazione organica aggiuntiva.
– Formazione obbligatoria dei docenti. Diventa obbligatoria la formazione dei docenti con possibilità per loro e per le scuole di stabilirne in modo più autonomo i contenuti e le modalità. Dando seguito alla apprezzabile proposta della card insegnante sarà necessario, in sede parlamentare, valorizzare maggiormente il contributo che le associazioni professionali stanno già offrendo al mondo della scuola.
– Valutazione degli insegnanti. L’introduzione di una retribuzione ‘per merito’ dei docenti valorizza chi, nella scuola, intende realizzare una professionalità autenticamente attenta alla formazione dello studente. Dovranno, però, essere chiarite le modalità di accertamento del merito attraverso procedure semplici che garantiscano corresponsabilità dei soggetti coinvolti nel giudizio e trasparenza di azione.
– Agevolazioni fiscali. Le misure del 5×1000 e dello School bonus a favore delle scuole dell’intero sistema nazionale di istruzione non possono che essere viste con favore e come inizio di un percorso di libertà. Per ciò che concerne le Detrazioni delle spese sostenute per la frequenza scolastica, pur riconoscendo la grande importanza del principio affermato, occorre rilevare che la detrazione di 76 euro, corrispondente al 19% delle spesa massima ammissibile (400 euro), è assolutamente insufficiente. L’auspicio è che il Parlamento estenda la detrazione anche agli alunni della scuola superiore e porti la spesa ammissibile fino ai 4mila euro inizialmente proposti dal Miur.
– Libertà di scelta delle famiglie e parità scolastica. Il dibattito degli ultimi giorni conferma che i tempi sono maturi perché anche nel nostro paese, come già accade in tutta Europa, si possano introdurre misure concrete (sulla base del costo standard) per garantire la libertà di scelta delle famiglie in campo scolastico e una reale parità tra scuole statali e paritarie (in campo fiscale, di accesso alle iniziative del Miur, per il sostegno agli alunni disabili…).
Il tempo della responsabilità.
Il confronto parlamentare sul testo del Ddl potrebbe realizzare il passaggio ad un sistema nazionale di istruzione meno ingessato e quindi più libero, meno centralistico e capace di offrire percorsi personalizzati: lo chiedono le famiglie, lo chiedono i giovani, lo chiede l’Europa. Lo chiedono, soprattutto, le esperienze di scuola autonoma e di qualità che già sono in atto in Italia e che devono essere sostenute affinché questi esempi e modelli possano diffondersi e diventare praticabili. È necessario, oggi più che mai, il coraggio di dare alle scuole italiane tutti gli strumenti per diventare, nel concreto, spazi di libertà educativa dove agiscano soggetti – singoli, in rete o per progetti – significativi ed esemplari. Progettare la riforma del sistema scuola italiano significa dotarlo di strumenti finalizzati all’incremento di quel bene prezioso che è la persona. È una questione decisiva.
Sarà compito del Parlamento tradurre i principi in modelli procedurali snelli e semplici con un articolato preciso e concreto, garantendo la fattibilità con opportune e sicure coperture finanziarie.
Questi mesi rappresentano il tempo favorevole per l’assunzione di questa responsabilità attraverso un confronto libero e intelligente tra il mondo della politica, dell’associazionismo scolastico, dei soggetti educativi per dare respiro e strumenti operativi ai principi contenuti nel disegno di legge.
Per una buona scuola.
Le associazioni:
CdO Opere Educative – FOE
Diesse – Didattica e innovazione scolastica
Associazione culturale “Il Rischio Educativo”
Disal – Dirigenti Scuole Autonome e Libere
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