“E’ una vittoria contro la censura ma, al tempo stesso, è preoccupante l’esistenza di disposizioni concepite in maniera tale da indurre l’amministrazione scolastica a comprimere la libertà di espressione”.
L’insegnante aveva espresso pubblicamente, durante un convegno, una critica nei confronti dell’Amministrazione scolastica. Da qui la censura, peraltro diversi giorni dopo il decorso del termine (oltre il quale il potere disciplinare doveva considerarsi esaurito) e, quindi, il ricorso alle vie legali da parte della docente, poi accolto dal giudice.
“Un biasimo (peraltro contenuto e civile) nei confronti dell’amministrazione scolastica locale non integra alcuna violazione, ma rientra nella libertà di espressione del pensiero”. E’ quanto si legge nel verdetto che ha dato ragione alla Gilda.
“Il giudice ha accolto il ricorso sia sul piano procedurale che nel merito – evidenzia con soddisfazione Di Meglio – e ha condannato l’Amministrazione scolastica a pagare oltre 2100 euro di spese legali. E’ triste, però, che una docente con una busta paga di 1500 euro abbia dovuto sobbarcarsi le spese per un avvocato. E lo è ancora di più il fatto che chi sbagli al vertice non paghi mai”. Secondo il sindacalista, infatti, “in casi del genere, la sanzione spetterebbe al funzionario che ha disposto il procedimento. Tuttavia ciò non accade – conclude – ed è questo il vero problema”.
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