Gentili colleghi e colleghe,
come forse altri di voi, dopo le vacanze di Natale non ho potuto riprendere servizio, perché non ho ottemperato all’obbligo vaccinale.
Da settembre ho rispettato, inizialmente con poco entusiasmo e poi con crescente accettazione, l’obbligo di sottopormi ai tamponi ogni due giorni, sperando che questo potesse servire a tutelare me, ma soprattutto la comunità.
Ora non ho potuto e non ho voluto adeguarmi a una norma che non condivido, e che a mio avviso non tiene minimamente conto non solo della libertà di scelta sul proprio corpo, ma ancor più dei diritti fondamentali di libertà di espressione e di opinione e, soprattutto, del diritto al lavoro.
Oggi, di fronte alle numerose chiusure di sezioni e di classi per presenza di positivi tanto fra ragazzi quanto fra i docenti che, a differenza dei primi, sono tutti vaccinati, non posso fare a meno di chiedermi, e di chiedervi, cosa sarebbe cambiato se avessi potuto continuare a fare scuola come prima.
Quale onere sarebbe derivato alla scuola e alla salute di tutti dalla mia presenza, laddove i fatti dimostrano che io posso essere contagiata e contagiare nella stessa misura in cui può chiunque frequenti le aule?
Ve lo chiedo perché, ancor più della mia esclusione, mi fa soffrire quella che attende ragazzi e ragazze. Come ho scritto all’inizio, io ho scelto, ma loro non hanno neppure questa possibilità. Non spetta a loro decidere se vaccinarsi, ma su di loro ricade la sanzione che nega l’accesso universale a quella casa del sapere, delle relazioni e della possibilità che per me è la scuola.
Vi chiedo pertanto di riflettere sull’opportunità di queste esclusioni e, se credete, di prendere posizione.
Io credo che la scuola non sia l’edificio in cui noi esercitiamo le nostre mansioni, bensì quel luogo ideale che è entrato nelle carceri e negli ospedali, per coltivare la speranza di un domani diverso per quanti hanno un oggi difficile e doloroso.
La scuola ha saputo tenere dentro tutti e porsi così come presidio dì democrazia. Dal dopoguerra, ha fortemente contributo ad appianare le differenze sociali e concedere a quanti più possibile l’opportunità di un accesso pari e dignitoso all’istruzione e alla vita.
Vorrei pertanto che non si perdessero le conquiste fatte e che, anzi, si continuassero a promuovere la cultura dell’accettazione e dell’inclusione di cui ci siamo finora fregiati e che abbiamo fortemente contribuito a costruire.
Buon proseguimento di lavoro, dal più profondo del cuore.
Serena Destito