Libertà e indottrinamento nella scuola di Stato

E’ proprio una vecchia storia quella dell’indottrinamento nella scuola di Stato. Un tempo si puntava il dito contro i libri di Storia ad usum delphini (notorio l’annoso sbianchettamento della tragedia delle foibe). Oppure si stigmatizzavano i “professori comunisti” – li chiamava così un noto politico tuttora in battaglia – che usavano la cattedra come una tribuna di comizio.
Oggi sono cambiati il messaggio e il veicolo. Quanto al messaggio, il marxismo-leninismo in salsa russa o cinese ha ceduto il posto al nuovo pensiero politicamente corretto in cui si mescolano nuove libertà e antichi masochismi antioccidentali. E il veicolo sono i discorsi del Premier in carica o le stesse circolari del Ministero. Nei giorni scorsi l’invasione di campo è stata duplice e il tackle duro, alla Romeo Benetti.
La prima, tanto sfacciata da sbalordire più che indignare, è stata l’invito di Matteo Renzi ai giovani piddini a propagandare nelle scuole della repubblica le ragioni del “sì” al referendum del 4 dicembre. La seconda, la circolare del 26 settembre scorso del Ministero dell’Istruzione, inviata a tutte le scuole, con la quale “
si promuove la realizzazione di un progetto, consistente nella discussione del tema dell’emigrazione al fine di diffondere la cultura dell’informazione e dell’accoglienza, della convivenza e della pace, fondati sul rispetto dei diritti umani”. Poco male – penserà il lettore a proposito di quest’ultima – anzi molto bene: un simile progetto è effettivamente utilissimo come quasi tutti quelli attuati nelle nostre scuole, servendo a creare una pausa di relax per docenti e studenti, altrimenti impegnati nelle quotidiane faticose incombenze. Il prosieguo della circolare, però, rivela aspetti ben preoccupanti, come si legge nel seguente passaggio: “(…) Tale assenza di conoscenza determina una visione distorta del fenomeno che nel tempo rischia di alimentare atteggiamenti discriminatori nei confronti dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Per tali ragioni, è importante che nelle scuole italiane si possano sviluppare percorsi didattici finalizzati ad una corretta riflessione”. E qui casca l’asino: una “corretta riflessione non può che significare, evidentemente, che agli studenti viene consentito di riflettere in una sola direzione, e cioè pensando, anzi credendo, che l’immigrazione massiccia che stiamo subendo è un fatto positivo, che gli immigrati sono risorse, che non è vero che portano via il lavoro agli italiani, che la varietà di culture è una ricchezza, che l’integrazione è dietro l’angolo, che il meticciato è bello, insomma tutti gli slogan e le parole d’ordine dei quali è intriso il pensiero unico che scuola e società, come in una partita di ping pong, si rimpallano a vicenda. E qui, tralasciando l’improntitudine del premier che se non fosse pericolosa sarebbe pure simpatica, e tornando alla circolare ministeriale, non si può che porsi la seguente domanda, solo in apparenza fuorviante: ma colui che ha elaborato (si fa per dire) questo documento, ha mai sentito parlare di Orwell, di Huxley, di Koestler? E’ lecito dubitarne: se li avesse letti, avrebbe subito compreso che la stessa formula “corretta riflessione” presente nella circolare rimanda immediatamente a un contesto di “controllo del pensiero”, di “neolingua” e di “psicoreato” proprio delle dittature che puntano non solo a una gestione rigida dell’ordine pubblico, ma al dominio delle coscienze.
Coscienze plasmate attraverso i media, i manuali scolastici, e, perché no, le attività para-didattiche raccomandate dalle circolari ministeriali.  

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