Il Governo dovrà darsi da fare "per far sì che nelle scuole di ogni ordine e grado l’insegnamento della storia, in particolare di quella contemporanea, si svolga secondo criteri oggettivi rispettosi della verità storica e della personalità dei discenti attraverso l’utilizzo di testi di assoluto rigore scientifico che tengano conto, in modo obiettivo, di tutte le correnti culturali e di pensiero, per un confronto democratico e liberale che assicuri un corretto apprendimento del passato, in special modo di quello più recente".
La Commissione Istruzione della Camera dei Deputati ha approvato, infatti, l’11 dicembre scorso, una risoluzione presentata dell’on. Garagnani, di Forza Italia, che limita la facoltà di scelta dei testi di storia da parte dei docenti.
In buona sostanza, dunque, i docenti non potranno più scegliere liberamente tra i testi proposti dalla case editrici, ma dovranno, invece, fare riferimento a precise direttive che dovrebbero essere emanate dal Ministero dell’istruzione quando il Governo recepirà la risoluzione.
Durissimi i primi commenti, a caldo, di alcuni leader dei sindacati della scuola: "Con questa risoluzione la censura e l’inquisizione entrano in luoghi che si sono sempre caratterizzati per il confronto e per la discussione". Così Enrico Panini, segretario della Cgil scuola.
Per Alessandro Ameli, leader della Gilda, associazione professionale di soli insegnanti: "La risoluzione approvata dalla Commissione Cultura della Camera di impegnare il Governo a controllare i libri di testo di storia ignora le regole più elementari della democrazia e del pluralismo, rappresenta una pericolosa violazione di diritti costituzionalmente garantiti come quelli di libertà di espressione del pensiero e di libertà di insegnamento". "E’ un rozzo, maldestro e intollerabile tentativo" ha detto ancora Ameli "di rivisitazione della storia nazionale che prelude evidentemente alla riabilitazione di periodi e uomini che la storia ha condannato".
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