Qualche tempo fa mi venne chiesto di verificare l’efficacia di un capitolo pilota per un progetto editoriale. Il testo doveva confluire in un manuale di storia per il primo biennio della secondaria di secondo grado e il tema era “Le civiltà dell’Egeo”.
Nel valutarlo il primo fattore preso in considerazione fu la complessità linguistica. La sinergia di forma e contenuto contribuisce al successo della comunicazione, lo sappiamo.
Una sintassi particolarmente complessa, infarcita di frasi lunghe con diverse subordinate e accompagnata ad esempio da negazione multipla, impegna risorse in termini di attenzione che potrebbero essere convogliate sul contenuto. Anche questo lo sappiamo.
Non rimaneva che mettere alla prova il dettato storiografico sottoponendolo al severo e implacabile giudizio delle formule di leggibilità insieme ad una analisi lessicale con riferimento al Vocabolario di Base di Tullio de Mauro. Il verdetto della revisione (più di una, per dovere di cronaca) fu inappellabile: la leggibilità migliorava ad ogni riscrittura, gradualmente, quando il periodo veniva spezzato in frasi più brevi, la forma attiva era sostituita a quella passiva, le relative venivano eliminate e così via.
Bisognava ora intervenire sul lessico sostituendo quei termini che non appartenevano al vocabolario di base (quasi 7.000 parole) o a quello fondamentale, quell’insieme di 2.000 termini compresi e usati comunemente da quasi l’80% della popolazione italiana con diploma di scuola secondaria inferiore, o al vocabolario ad alto uso, ossia quelle parole che scriviamo più raramente ma pensiamo con grande frequenza.
Un termine come “esiziale” era fuori discussione!
Bene, il risultato soddisfaceva i parametri di leggibilità, ma in tutto questo che cosa si era perso? Un testo può essere comprensibile, ma non deve essere banale! Ogni paragrafo, ogni periodo, ogni frase, ogni parola è un’occasione supplementare di fare storia della cultura e della lingua, non solo della disciplina che il manuale veicola.
La mia relazione certificò la validità del capitolo, ma il progetto venne abbandonato.
Tutto questo mi è tornato in mente perché siamo a febbraio e stanno arrivando le nuove proposte editoriali. Ogni anno mi pare che qualcosa si perda per strada.
In primo luogo, mi sembra che si sia smarrito il senso dell’insegnamento e del ruolo del docente. Non tutto può essere semplificato. Non tutto deve essere semplificato. Mi tengo esiziale!
Michela Guidi