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Libri di testo: saltano le nuove adozioni. Intervista con il presidente AIE

Il decreto legge approvato il 6 aprile dal Governo contiene una norma importante relativa alle adozioni dei libri di testo: nel caso in cui non si dovesse rientrare entro il 18 maggio i testi in uso quest’anno verrebbero tutti confermati anche per il prossimo anno.
Il problema è rilevante anche per le ripercussioni sul mondo dell’editoria. Ne parliamo con Ricardo Levi, presidente dell’AIE (Associazione Italiana Editori).

Cosa pensate della decisione del Ministero?

Non possiamo che prenderne atto: il Ministero ci ha ricordato che le adozioni vanno deliberate dai collegi dei docenti riuniti in presenza ed eventuali modalità diverse potrebbero mettere a rischio la legittimità delle scelte delle scuole.
Conserviamo comunque la speranza che le scuole possano riaprire per una conclusione regolare dell’anno scolastico e, in questa prospettiva, che possano darsi le condizioni per un regolare processo di adozione dei libri di testo.
Se così non fosse dovranno essere in ogni caso affrontati e risolti i numerosi problemi tecnici posti da questa imprevedibile situazione a partire dal logico scorrimento dei libri di testo adottati in questo anno scolastico che si sta concludendo.

Questa decisione può comportare problemi all’editoria scolastica?

Dobbiamo allargare un po’ il ragionamento. I problemi sono diversi.
Intanto dobbiamo dire che tutto il mondo dell’editoria risulta gravemente colpito da questa emergenza. Bisogna poi anche considerare che i più grandi canali di vendita dei prodotti editoriali sono le librerie che a loro volta sono chiuse. Tutto questo, per noi editori, comporta la necessità di richiedere con forza un intervento di emergenza che riguardi l’intero settore: c’è un problema di sopravvivenza dell’intera filiera, si tratta di salvaguardare il lavoro dei diversi profili che entrano nella produzione del libro (editori, librai ma anche autori, traduttori, promotori e così via).

E quindi, cosa dovrebbe fare il Governo?

Noi chiediamo che vengano estese a tutta la catena del libro le provvidenze concesse al mondo dello spettacolo.
Senza però trascurare quelle misure che da tempo richiediamo per sostenere il settore e la diffusione della cultura e del sapere: mi riferisco al sostegno alla lettura e alla detraibilità delle spese sostenute dalle famiglie per l’acquisto dei libri di testo.

Veniamo allora al punto: i problemi dell’editoria sono noti da anni, ma forse l’editoria scolastica risente di meno della crisi del settore. E così?

Certo è che rispetto ad altri settori dell’editoria quello scolastico gode di una maggiore stabilità, ma la situazione è complessa.
Da un lato c’è un elemento di grande preoccupazione dovuto al calo demografico: diminuendo gli studenti diminuiscono inevitabilmente anche la quantità di volumi necessari.
Ma bisogna anche considerare gli effetti dell’innovazione tecnologica per l’istruzione: in questi anni, per esempio, molti libri di testo (quasi tutti per la verità) sono disponibili anche in formato digitale; peraltro non dimentichiamo che tutte le ricerche e tutte le indagini sul tema ci dicono che ormai gli studenti preferiscono studiare su carta e non sullo schermo.
Resta il fatto che queste nuove tecnologie aprono nuovi spazi a nuove forme di didattica e dunque promuovono nuove forme di trasmissione del sapere.
Vorrei sottolineare che il vero mestiere dell’editore è quello di produrre contenuti: non voglio dire che il medium sia secondario ma certamente l’obiettivo dell’editore non è semplicemente quello di vendere fogli di carta stampati.

La sensazione è che la “didattica a distanza” stia oscurando (e non poco) l’importanza del libro di testo. Cosa ne pensa?

In questa fase tutte le famiglie che hanno figli in età scolastica o universitaria possono constatare che gli studenti trascorrono molto tempo davanti al computer per studiare e per acquisire conoscenze.
Ma l’apprendimento avviene con il libro e cioè usufruendo delle competenze e del lavoro di opera nel settore editoriale.
Senza gli editori non potremmo istruire le generazioni future.

Un’ultima domanda. Cosa ne pensa della possibilità di concedere alle scuole di produrre i propri libri di testo sotto forma di “dispense” o in formato digitale?

Io credo che in sé non sia un’ipotesi inaccettabile, ma ci si deve rendere conto che nella produzione di un libro di testo c’è uno straordinario investimento di risorse (non solo economiche), di conoscenze e competenze.
Ora, immaginare che una singola scuola o addirittura un singolo docente possa produrre un materiale che abbia quella profondità di contenuto e quella capacità di trasmettere conoscenze che ha un libro di testo è quasi irragionevole.
C’è il rischio dell’impoverimento, della semplificazione se non addirittura della banalizzazione; secondo me si corre addirittura il rischio di andare contro il diritto dello studente di fruire nel migliore dei modi delle opportunità di apprendimento che la scuola deve mettere a disposizione di tutti.

Come fare didattica distanza: consigli e soluzioni

Reginaldo Palermo

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