Giuseppe Milan, professore ordinario di Pedagogia interculturale e sociale all’Università di Padova, ripropone, per Città Nuova Editrice, “Educare all’incontro. La pedagogia di Martin Buber”, (17 Euro), il cui motivo ispiratore è l’educazione dell’uomo (esperienza importantissima, imprescindibile, che fa parte dell’esperienza umana e la qualifica), che si fonda essenzialmente sul principio del dialogo, dell’Io-Tu e dell’Io-Esso, e allora: io-tu-noi-mondo. Le relazioni interpersonali dunque alla base anche dei rapporti tra le comunità, le culture, le civiltà e dunque anche fra chi educa e chi chiede educazione.
Tuttavia le relazioni dialogiche all’interno di una scolaresca non sono attività programmabili a tavolino, né pianificabili, ma nascono dalla relazione aperta e irrinunciabile tra l’educatore, l’educando e il mondo, considerato pure, sostiene Buber, che “educare significa fare anche una sezione del mondo affinché agisca su di una persona attraverso un’altra persona“.
Il lavoro di Milan consiste proprio nel riprendere l’idea chiave buberiana che affonda le sue convinzioni essenziali nella dinamica relazionale; questa, per compiersi in modo autentico ed attivo, deve sottostare al principio dialogico, il quale fra l’altro, ponendosi come base, implica il riconoscimento dell’altro e quindi una reciproca apertura verso la conoscenza.
Il principio platonico e agostiniano del dialogo come mezzo di conoscenza, dal momento che l’educazione, per affermarsi come tale, ha bisogno di una continua realizzazione di reciprocità con l’educando o con l’altro da sé, che è anche il mondo e tutto ciò che nel mondo gravita.
Insomma, il problema pedagogico si lega a quello etico dell’esistenza, fondendosi, per cui le esperienze etiche e morali del docente diventano mezzo del processo auto-educativo ed educativo dell’alunno, configurandosi come apertura, incontro, dialogo. In tale relazione si attua l’autentica libertà, quando cioè l’uomo prende coscienza di se stesso nel rapporto con l’altro.
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