Oggi, 1 dicembre, si svolge l’autopsia sul corpo della povera Giulia Cecchettin, la 22enne trovata morta per il cui omicidio è accusato Filippo Turetta, di cui oggi è previsto l’interrogatorio. A parlare della nipote facendo alcuni riflessioni è stata la nonna della ragazza, come riporta Il Messaggero.
La donna, Carla Gatto, è una scrittrice autodidatta, pittrice e socia del Circolo culturale Arti decorative di Rovigo. Proprio in questi giorni ha presentato il suo primo libro. Il dipinto che è l’immagine di copertina del romanzo, nonna Carla l’aveva dedicato alla mamma di Giulia, scomparsa un anno fa.
La protagonista del libro, Emma, è una donna vittima di violenze, che deve affrontare la violenza di un uomo: il patrigno. “Giulia l’aveva iniziato a leggere. Ma la storia di Giulia non è quella di Emma: il dolore che ho adesso è un macigno sul cuore. Questo libro, fatalità, sembra che rispecchi qualcosa, questo atteggiamento verso le donne di certi maschi. Di certi maschi eh. Ci sono persone buone e cattive sia tra i maschi sia tra le femmine”, ha detto.
Ed ecco una riflessione sull’educazione dei figli: “Ai figli si dà una parte del nostro tempo. Non si dedica la parte principale. Quando un padre dice ‘Io ho dato tutto’, cosa ha dato? Una macchina, un vestito firmato, divertimento, ti ho fatto andare a scuola? Tutte cose importanti, per carità. Ma se manca amore, se manca la conoscenza dell’animo del figlio che hai, a cosa servono? Sono superficialità. È per questo che in tante famiglie ci sono certi casi”.
“La vita che facciamo non è più quella di 50 anni fa: bisogna correre, bisogna fare, e non si è mai contenti. Per cui dimentichiamo e siamo diventati individualisti. I figli sono lasciati un po’ così. Non sono psicologo, ma secondo me – ha aggiunto -, più che un vestito o un giubbotto firmato bisogna dare ai figli una bella dose di amore. E di conoscenza. Sennò i figli, poi, non hanno il coraggio di confidarsi con i genitori quando si sentono un po’ allo sbaraglio e soli. Allora si aggrappano a qualcosa. A cosa? Alla prima persona che gli dà un po’ di amore. Quella persona diventa vitale: senza non riescono a vivere. Di conseguenza, davanti a un ‘No’… Succede di tutto”, ha concluso, facendo un chiaro riferimento alla vicenda della nipote.
Dopo il ritrovamento del cadavere e l’incarcerazione di Filippo Turetta, l’assassino che l’ha uccisa, da poco ha parlato nuovamente il padre Nicola.
In un’intervista a Chi l’ha visto, Nicola Turetta parla del figlio: “È un ragazzo che comunque è un bambino, io non lo so, sono fragili. Anche io avevo le mie crisi ma questi ragazzi mi sembra che appena gli togli qualcosa crollano oppure fanno questi atti così violenti. Io fino all’ultimo ho pensato che volesse sequestrarla, rapirla per non darle la soddisfazione di laurearsi e dopo lasciarla. Purtroppo le cose sono peggiorate, forse voleva farle paura poi la cosa è precipitata e a lui è saltato l’embolo”.
A dire la propria è stato lo psichiatra Paolo Crepet, intervistato da Il Messaggero, attento studioso del mondo giovanile: “Non conoscendo quel ragazzo, non mi avventuro in nessuna diagnosi. Non credo che sia nato tutto quella sera, non è stato un raptus. I raptus sono nei fumetti. Il solo pensare che una ragazza sia come una motocicletta, una proprietà, non c’entra niente con l’innamoramento. È una concezione medievale”, ha spiegato.
“Non è successo in una periferia del Meridione catalogata con il solito bla-bla. È la prova provata che la violenza e il pregiudizio nei confronti della donna non hanno nulla a che vedere con quello che dicono i soliti quattro sociologhi. Qui siamo nel cuore del Nordest. Ci sono le villette, i giardini ben curati, un mondo che pensavamo essere privilegiato. E felice. Invece no. Abbiamo i soldi, ma non la felicità. Ci sono giovani che non sanno distinguere i sentimenti: come si può parlare di amore quando fai quaranta telefonate a una ragazza?”.
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