I lettori ci scrivono

Liceali italiani e americani: un confronto

Checchè se ne dica, la nostra scuola è una buona scuola. Me lo ricordano sempre i ragazzi che o, in particolare in quarta superiore, fanno un anno all’estero, oppure si iscrivono in una università straniera, o quando, da laureati, si confrontano con i loro colleghi in ambiti di ricerca o di lavoro.

La nostra tradizione dà ancora i suoi frutti. Che cosa rende la nostra scuola ancora oggi un punto di riferimento per loro?
Anzitutto dà basi storico-culturali preziose, senza proporre una cultura troppo specialistica e nozionistica, nel senso che la nostra scuola, assieme all’università, accompagna, con la proposta di contenuti, anche una riflessione sul metodo, sull’approccio, sulla personalizzazione di una possibile ricerca ulteriore.

Cioè una formazione capace di toccare il senso dello stesso studiare e cercare.
Qui non mi limito solo ai ragazzi con i migliori risultati.

Parlo della media dei nostri ragazzi, cioè la gran parte. Parlo del complesso della nostra impostazione scolastica, in primis liceale.

La differenza, se penso ai ragazzi americani universitari, è che, essendo costrette le loro famiglie a versare rette altissime, sono responsabilizzati a prendere sul serio lo studio, relativamente ai risultati più che sui processi.

Da noi invece i risultati ovviamente contano, ma conta di più la passione, la dedizione, la capacità di personalizzazione, anche il pensiero originale, divergente.
All’estero, poi, la competizione è un valore primo, mentre da noi, a parte alcune eccezioni, ancora no, nel senso della sottolineatura, nella vita di classe, del valore della cooperazione, della condivisione, del fare gruppo.

Un limite di alcuni ragazzi universitari italiani, è non prendere sul serio il fatto che andare “fuori corso” non può essere considerata una cosa come le altre, senza importanza. Forse perché l’università costa ancora relativamente poco, a confronto con i colleghi stranieri?
Per i docenti, poi, se uno non insegna bene e gli studenti confermano questo giudizio, arriva il licenziamento, mentre da noi questo di fatto è impossibile.

Nelle scuole superiori un docente non capace avrà classi sempre diverse o scuole sempre diverse, e all’università può rischiare che il suo corso non trovi finanziamenti, restando quindi senza studenti.

Queste alcune considerazioni raccolte dalla diretta esperienza dei nostri ragazzi.

Gianni Zen

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