La politica si sta esprimendo per la riduzione di un anno di scuola, invocando l’allineamento dell’Italia agli altri Paesi europei, senza tuttavia una riflessione complessiva su organizzazione ed efficacia dei cicli scolastici vigenti. Sono partite (con scarsissima adesione) discutibili sperimentazioni sul “liceo di quattro anni”, frequentate da un’utenza di provenienza socio-culturale medio-alta. Mi chiedo: si è mai pensato a sperimentazioni che riguardino i precedenti cicli di istruzione? Si riflette sul fatto che la secondaria di secondo grado accoglie nelle sue classi prime sempre più studenti che, dopo un percorso scolastico di otto anni, non conoscono le regole basilari della lingua italiana, non sanno scrivere correttamente un pensiero articolato, non sono in grado di comprendere testi di varia natura, non hanno mai imparato a studiare?
Tale situazione non è eccezionale: è ormai la norma, dagli istituti professionali ai licei. Il tempo necessario a colmare tali enormi lacune toglie tempo utile a perseguire gli obiettivi snocciolati da linee guida e indicazioni ministeriali. Il risultato (cui stanno ampiamente contribuendo le devastanti riforme Gelmini e Renzi, con i tagli alle ore disciplinari e la sottrazione di tempo scuola imposta da progetti e PCTO) è una diffusa mediocrità della preparazione dei nostri alunni. Nel giro di dieci anni la qualità, ampiezza e solidità del livello culturale degli studenti sono colate a picco. Di fronte a questo, esistono studi volti a capire quale sia il vero “anello debole” del nostro sistema scolastico?
In piena campagna elettorale, quasi tutte le parti politiche si esprimono nei loro programmi a favore del conseguimento del diploma a 18 anni, età raggiunta da alunni che ora frequentano in genere la classe quarta della secondaria di secondo grado; ma non si entra nel merito della questione, non se ne affrontano i nodi. Resta quindi un’ambiguità di fondo, di fronte a cui ci chiediamo: si continuerà a garantire ai nostri studenti il quinto anno della scuola superiore oppure no? Si intende lasciare invariata l’organizzazione complessiva dei cicli scolastici, tagliandone acriticamente l’ultima parte, ovvero se ne prevede una rimodulazione a ragion veduta, dopo seria analisi delle reali criticità? Nei proclami dei partiti rimangono aspetti impliciti e nebulosi, che denotano superficialità, mancanza di trasparenza, di conoscenza e di reale interesse per i problemi veri della scuola: temiamo ci si appresti ad imporre dall’alto nuovi tagli, mascherandoli (come sempre) dietro una falsa riforma ispirata a pseudo principi socio-pedagogici; temiamo fortemente che si stia per infliggere un altro duro colpo al diritto allo studio e alla scuola della nostra Costituzione. Docenti e famiglie saranno costretti ad andare a votare senza alcuna chiarezza in merito all’ennesima incognita che pesa come un macigno sul futuro della scuola italiana.
Lettera firmata