La Flc-Cgil sarebbe venuta a conoscenza della “Relazione conclusiva del Gruppo Ristretto di Lavoro”, relativo al secondo ciclo di istruzione e coordinato dal Prof. Giuseppe Bertagna, nella quale relazione sarebbe contenuta la proposta di ridurre a quattro anni tutti gli indirizzi dell’istruzione secondaria, come del resto appare nel disegno di lege n. 1739 depositato in Parlamento nei mesi scorsi.
Ebbene, come è noto, questo dei licei quadriennali è un progetto antico che interessò il ministro del Governo dei tecnici (2008-2012) a giuda Mario Monti, ovvero Francesco Profumo, ma che fu poi implementato, durante il Governo Gentiloni (2016-2018), dalla ministra Valeria Fedeli, avviando le sperimentazioni con un gruppo di circa cento Istituti di istruzione secondaria superiore, poi portati a 190 e che oggi sono in costante crescita, proprio perché abbrevia il percorso scolastico di un anno, anticipando così l’ingresso nel mondo del lavoro ma pure all’università.
In ogni caso, è bene ricordare, che già il ministro dell’istruzione Luigi Berlinguer (1996 – 2000), nel suo progetto di riforma complessiva della scuola (poi distrutto dalla ministra Letizia Moratti col primo Governo Berlusconi), prevedendo un ciclo scolastico di 7 anni, a cui si aggiungeva il percorso liceale con un biennio comune e in un triennio specialistico, conteneva un anno in meno, ma spalmato lungo tutto l’arco di studi, compresa l’ex scuola media.
Una vera e propria riforma, diversa invece dalla sperimentazione avviata da Valeria Fedeli, che non parve mettere in allarme né i sindacati né gli insegnanti, nonostante fosse chiaro che dalla esperienza all’implementazione definitiva, in tutto il territorio nazionale, dei licei di 4 anni il passo potesse essere breve, come sta in effetti avvenendo.
Tuttavia, questi percorsi quadriennali ancora sperimentali, starebbero garantendo l’insegnamento di tutte le discipline dell’indirizzo di studi, e dunque le ore annuali complessive della 5^ classe, compresse lungo l’intero quadriennio, ma con un carico di lavoro superiore sia nei confronti degli alunni sia nei confronti dei docenti.
In pratica, non ci sarebbe una contrazione di organico, ma solo un aumento di ore settimanali che andrebbero fino alla sesta ora giornaliera e pure una rimodulazione del calendario scolastico annuale.
Se però in apparenza tale rimodulazione della durata dei licei non porterebbe con sé, nei primi quattro anni, tagli di personale, ha invece in nuce un vulnus relativamente alla formazione dei ragazzi che si vedrebbero caricati di una mole di lavoro giornaliero più difficile da smaltire. Lavoro che già, nella normale durata di cinque anni, faticano a espletare.
Appare chiaro, in altri termini, che ancora una volta si sia preferito prendere le consuete scorciatoie per adeguare il diploma italiano allo standard di 18 anni, adottato in gran parte ( ma non sembra del tuto vero) degli stati d’Europa, invece di affrontare tutta la materia con giudizio e ragione, a partire dalla secondaria di primo grado (la ex scuola media) che, come ormai tante agenzie sostengono, è il punto debole del nostro sistema di istruzione.
Sarebbe infatti sembrato più razionale, se proprio è indispensabile mettere i nostri giovani (anche se non sarebbe del tutto così) a livello dei coetanei europei, rimodulare, come propose Luigi Berlinguer, i percorsi della primaria con quelli della secondaria di primo grado, e lasciare che le superiori abbiano un percorso meno affrettato e che consenta anche un aumento di ore e di discipline come geografia, storia, lingue straniere, materie di indirizzo piuttosto che comprimere e accelerare.
È d’altra parte immaginabile che, eliminando un anno nel corso quinquennale dei licei, ci sarà una, a conclusione del quadriennio, evidente riduzione di personale calcolata attorno al 30’% circa e nella quale si aggiunge pure quella degli inseganti di sostegno.
In altre parole, il ministero, riducendo di un anno i corsi liceali, avrebbe un risparmio considerevole che coinvolgerebbe tutta la filiera dell’istruzione, in stretta simbiosi e somiglianza con quanto voleva fare il ministro dell’istruzione Francesco Profumo al tempo del governo Monti, nel corso del quale fu implementata, e ancora persiste nonostante le blasfemie di Matteo Salvini, la riforma Fornero delle pensioni.
Un lavoro “sporco”, la riduzione della spesa pubblica, con la famigerata spending review, che solo un governo “tecnico” poteva realizzare.
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