Ai licenziamenti nel pubblico impiego si applica (ancora) l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. NON (più) la c.d. Legge Fornero.
La Corte di Cassazione, con la sentenza definitiva n. 11868 della sezione Lavoro depositata il 9 giugno, ha chiarito che il licenziamento del personale del pubblico impiego non è disciplinato dalla “legge Fornero”, bensì dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Tanto recita la sentenza:
“Non si estendono ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni», sino ad un «intervento normativo di armonizzazione”, le modifiche apportate all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori dalla legge 92/2012, la cosiddetta riforma Fornero, “con la conseguenza che la tutela da riconoscere a detti dipendenti in caso di licenziamento illegittimo RESTA QUELLA ASSICURATA DALLA PREVIGENTE FORMULAZIONE DELLA NORMA”.
PER IL PUBBLICO IMPIEGO LE GARANZIE RESTANO INTATTE, con la reintegra in caso di licenziamento senza giusta causa.
Un trattamento diverso rispetto ai lavoratori privati perché è diversa la natura del datore di lavoro.
Ai rapporti di lavoro statali disciplinati dal decreto legislativo n. 165 del 2001, art. 2, non si applicano le modifiche apportate dalla legge 28/6/2012 n. 92 all’art. 18 della legge n. 300 del 1970, per cui la tutela del dipendente pubblico in caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva all’entrata in vigore della richiamata legge n. 92 del 2012 resta quella prevista dall’art. 18 della legge n. 300 del 1970 nel testo antecedente alla riforma.
Tale è il principio di diritto fissato dalla suprema corte nella sentenza 11868, con cui esclude che la riforma Fornero si possa applicare al pubblico impiego per quanto riguarda i licenziamenti.