Dovrà fornire delle ragioni valide il prof di italiano, latino e greco, in servizio al liceo Orazio come supplente, per avere scritto su facebook la frase “Oggi facciamo una preghiera, anche laica, per tutti quelli che mandano le figlie a scuola vestite come tr…”: è praticamente scontato che nei suoi confronti si avvierà un provvedimento disciplinare. Ma la vicenda potrebbe anche avere dei risvolti penali. Mario Rusconi, presidente Anp Roma, interpellato dall’Ansa, conferma: “se è vero che il docente ha postato sui social quella frase, non solo ha commesso una grave scorrettezza ma dovrebbe essere sospeso dall’insegnamento. Il preside poi dovrebbe avviare un procedimento disciplinare, a quel punto l’Ufficio scolastico regionale lo metto sotto accusa ed è prevista la rimozione dall’incarico fino al licenziamento”.
Rusconi non esclude, quindi, che il docente possa addirittura essere allontanato dalla scuola: “Per fatti meno gravi c’è l’avvertimento scritto o la censura, ma se ci sono profili penali, il preside deve mandare tutto alla procura della Repubblica e avviare un procedimento penale. Io mi muoverei così”
Secondo il preside del liceo Aventino di Roma, “fatti di questo tipo infatti hanno una rilevanza forte: un insegnante, uscendo da scuola, non si spoglia del suo ruolo”.
Il ds ritiene che “le vicende che stanno emergendo in questi giorni dimostrano come avremmo necessità di un serio sistema di reclutamento e di valutazione dei docenti”: una battaglia che l’Anp porta avanti da tempo.
Ruscuni lamenta il fatto che il giudizio dell’operato dei docenti in Italia “non esiste e siamo gli unici un Europa. Inoltre non basta superare un concorso per diventare buoni insegnanti e imparare come si insegna: serve una preparazione specifica che al momento non c’è”.
Le parole di Rusconi sono confermate dall’esito di alcune vicende processuali contro dei docenti andati abbondantemente fuori le righe. Come quella di Flavia Lavinia Cassaro, la maestra 38enne che il 22 febbraio del 2018, durante una manifestazione contro Casapound in un hotel del centro di Torino, fu filmata mentre inveiva contro la polizia.
Il tribunale torinese rilevò “evidente il contrasto tra le finalità educative e il ruolo dell’insegnante e l’atteggiamento incontrollato e offensivo nei confronti delle forze dell’ordine tenuto dall’insegnante”.
Perché gli insegnanti, scrisse ancora il giudice nella sentenza, “hanno compiti non solo legati all’istruzione dei bambini e dei ragazzi, ma anche educativi”. Quindi, siccome devono “mantenere sempre un comportamento consono al ruolo”, per il tribunale il licenziamento fu inevitabile.
Ad un passo dal licenziamento arrivò anche, un paio d’anni prima, una docente di inglese del liceo Marco Polo di Venezia, rea di avere postato delle frasi pesantissime su Facebook, contro i migranti: “bisogna eliminare anche i bambini dei musulmani tanto sono tutti futuri delinquenti” e “speriamo che affoghino tutti… che non se ne salvi nessuno“, aveva scritto sui social.
Qualche mese dopo, la donna patteggiò, assieme al suo legale, il passaggio nel comparto Ata, proprio per non rischiare di perdere il posto di lavoro.
Trova piena conferma, nelle aule di tribunale la posizione più volte espressa su questa testata giornalistica: un insegnante non si può mai togliere il suo “vestito” di educatore, nemmeno quando è fuori scuola.
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