Nuovo comunicato stampa sul rifiuto del “Piano Scuola 4.0” (di cui La Tecnica ha dato notizia a suo tempo) da parte dello storico Liceo “Pilo Albertelli” di Roma. Lo firmano i Genitori, studenti e docenti del Liceo Pilo Albertelli che hanno detto NO alla “Scuola 4.0”: i quali hanno indetto un’assemblea cittadina per il 15 giugno alle 16,30, nell’Aula Magna della Facoltà di Lettere dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Dopo l’Albertelli più scuole, qua e là per la Penisola, hanno preso posizioni analoghe: ad esempio, il Liceo Artistico Frattini di Varese. Nel silenzio generalizzato, insomma, si levano voci di dissenso sempre meno isolate.
Come si legge nel Comunicato Stampa dell’Albertelli, «osservare, interrogarsi, approfondire, argomentare, ascoltare, discutere ed esprimere liberamente la propria motivata posizione in questa fase storica sembra un fatto che desta scalpore». Oggi quanto sappiamo è quanto ci viene detto; pochi hanno la capacità di mettere in discussione le verità ufficiali. Riuscire a bucare il silenzio, pertanto, potrebbe sembrare una scommessa non da poco, essendo gli italiani avvezzi da decenni ad accettare quanto cala dall’alto, senza porsi domande.
«La critica espressa dal Consiglio d’Istituto», spiega il Comunicato, «non è limitata ai due specifici progetti disegnati per il Liceo Albertelli ma riguarda tutto l’impianto del Piano “Scuola 4.0”: la digitalizzazione integrale del processo di insegnamento/ apprendimento, la frammentazione del gruppo classe, la disarticolazione ed esternalizzazione della didattica, l’assoggettamento della scuola pubblica alle necessità dell’industria, la riduzione degli studenti da soggetti in formazione a consumatori e forza-lavoro, la trasformazione dei docenti in facilitatori per la fruizione di format didattici digitali».
L’assemblea è pertanto l’occasione per «continuare a ragionare in modo ampio sul processo di stravolgimento delle finalità stesse della scuola pubblica disegnata dalla Costituzione, sulle risorse di cui la scuola ha un bisogno reale e vitale, su ciò che la scuola ha veramente necessità di cambiare, sulla scuola che vogliamo». Incontro, dunque, propositivo e progettuale, nel quale si rifletterà anche sui problemi reali della Scuola, che il PNRR non tocca: tagli, classi sovraffollate, edifici fatiscenti, carenza di personale stabilizzato.
«In questo mese abbiamo verificato che vi è un gran bisogno di comprendere e discutere insieme; i numerosi attestati di solidarietà e l’ampia condivisione delle nostre critiche che ci sono giunti da ogni parte d’Italia rappresentano un chiaro segnale dell’esistenza di un dissenso diffuso che ha bisogno d’incontrarsi ed esprimersi». L’assemblea sarà dunque il luogo in cui «discutere insieme sul tema della digitalizzazione della scuola pubblica».
Tema cui, già il 22 marzo scorso, Giuliano Scarselli, un giurista di rilievo, aveva dedicato un proprio articolo di analisi (ne abbiamo dato conto pochi giorni or sono). «I giuristi devono occuparsi di questi mutamenti», aveva scritto tra l’altro il giurista, «devono sollecitare il dibattito su essi, devono porsi dinanzi a queste novità con riflessione critica; altrimenti siamo noi i primi a dimostrare che oggi, ormai, la riflessione critica non serve più a niente, e non può più essere data». Infatti, sostiene, la digitalizzazione forzata potrebbe fare il paio con un dogmatismo che rischia di cancellare e soffocare ogni approccio critico alla conoscenza: «La scuola, viceversa, ha il dovere di preservare lo spirito libero dei nostri figli, la scuola ha il dovere di spiegare perché 2 + 2 fa 4, e deve altresì consentire a qualcuno di poter sostenere che 2 + 2 fa 5, oppure 3, e a qualcun altro di sostenere che non è possibile stabilire con rigore quanto faccia 2 + 2, e ad altri ancora di consentire di chiedere ad un ipotetico interlocutore quanto vuole che faccia 2 + 2. È un paradosso, ma è il valore della libertà di crescita dei nostri ragazzi, che deve essere fortemente difesa».
Preservare questa libertà è un dovere civico cui non ci si può sottrarre: «Con la stessa forza con la quale cercheremo di impedire che la robotica e la digitalizzazione delle attività processuali possano impedire l’indipendenza del giudice nell’esercitare la funzione giurisdizionale e il libero esercizio del diritto di azione ai cittadini, noi parimenti abbiamo il dovere di cercare di impedire che la digitalizzazione della didattica distrugga la scuola dei nostri ragazzi, e quindi la loro e la nostra organizzazione sociale, la loro e la nostra libertà di pensiero».
Non esiste crescita senza conoscenza svincolata dall’utile immediato e dall’interazione col docente: «È necessario che i nostri giovani studino, e continuino a studiare, anche quello che, apparentemente, e secondo la logica della nuova digitalizzazione, non serve a nulla, e lo studino personalmente, con un insegnante in carne ed ossa». A meno che non si voglia davvero sostituire i docenti in carne ed ossa con le multinazionali statunitensi della Silicon Valley: scelta che, tra l’altro, non sarebbe probabilmente conveniente per l’Italia nemmeno sotto l’aspetto meramente economico.
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