In questi giorni sta tenendo banco la questione del rifiuto del liceo Albertelli di Roma ai fondi del Pnrr volti a digitalizzare la scuola. Il Consiglio di Istituto ha bocciato due progetti “Scuola 4.0” rinunciando di fatto ad un finanziamento di circa 300mila euro.
Come riporta Ansa, dopo i genitori anche gli studenti della scuola hanno detto la loro sulla questione, nel corso di una protesta/sit-in oggi, 22 maggio, convocata dall’Osa: “Non ci è stata data l’opportunità di esprimerci, di mostrarci favorevoli o contrari, è stato dato per scontato che il nostro futuro non fosse nelle nostre mani, ma che dovesse essere deciso da qualcun altro”, ha denunciato una studentessa davanti la scuola.
“Una parte di noi studenti non è favorevole a questi fondi, per il semplice fatto che siamo un liceo classico: quello che vogliamo quando usciamo da questa scuola è un futuro dignitoso. Vogliamo imparare i nostri diritti, vogliamo farci una cultura, vogliamo essere formati come individui. Non vogliamo che la nostra scuola pubblica venga presa in mano da privati e che venga creata una digitalizzazione che va a snaturare completamente l’insegnamento. Per un cambiamento così grande che ricadrà su di noi non è possibile che non veniamo minimamente presi in considerazione”, ha proseguito la ragazza, chiedendo che vengano ascoltate le voci “dissidenti”.
Queste parole potrebbero stupire tutti coloro che vedono i giovani come una massa di “schiavi” delle nuove tecnologie. Ecco quali sono, secondo l’alunna, le priorità su cui si dovrebbe basare la rigenerazione della scuola: “In tutte le scuole ci sono problemi di edilizia. C’è l’intonaco che ci cade in testa, bagni e porte che non funzionano, palestre lontane, ci sono problemi dal punto di vista psicologico. Ci sono tantissimi problemi di questa natura e non viene fatto niente. Ci chiediamo per quale motivo gli unici soldi che ci sono vengono dati per darci competenze che non ci servono in questo liceo, per farci imparare a girare i video dal telefono, per farci imparare a fare storie su Instagram. Non è questo quello che vogliamo, non vogliamo che si faccia sempre più leva sulla digitalizzazione, sull’aziendalizzazione delle competenze. Non vogliamo il Pcto, vogliamo essere formati e avere un futuro dignitoso”.
A protestare anche un genitore, che ha preso parola: “Ai nostri figli, invece di diventare ingegneri, filosofi, medici, docenti, si propone di diventare digital curator manager web qualcosa. Questa era la scuola di Enrico Fermi; noi la stiamo facendo diventare la scuola da cui uscirà la Ferragni. Abbiamo abolito l’idea che nella scuola si imparino le fondamenta per costruire e capire il mondo. Il digitale, l’Intelligenza Artificiale, si possono capire solo se i nostri figli studiano le fondamenta della filosofia, della fisica, della matematica, non dando loro la possibilità di girare video per Instagram”, ha detto, facendo dei paragoni.
Alcuni dirigenti scolastici hanno spiegato che non è possibile dire ‘no’ dei finanziamenti, peraltro di portata così rilevante. Come ha spiegato alla Tecnica della Scuola Valeria Sentili, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo Francesca Morvillo di Roma: “Ci siamo lamentati per una vita dei soldi che la scuola non ha mai ricevuto, adesso ne riceviamo tanti, qualcuno dice pure che sono troppi. Però, certamente, mandarli indietro ‘no’”, ha dichiarato la preside.
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