Il 13 novembre scadono i termini per presentare le candidature da parte delle scuole, per partecipare alla sperimentazione del liceo breve a 4 anni, come riporta il decreto ministeriale.
Come abbiamo più volte riportato, la sperimentazione non sembra proprio raccogliere molti consensi, come ad esempio il magistrato Ferdinando Imposimato, che ritiene possa essere “inutile” come la riforma del 3+2 dell’Università: “Non crediamo a quello che ci dicono i mass media, – ha detto Imposimato – perchè compressare il tempo scuola non può essere positivo all’alunno. Semmai, il percorso di studi va incrementato. La scuola pubblica va difesa, i docenti facciano sentire il loro dissenso. Anche con manifestazioni di piazza. Perché non può passare una riforma negativa di questa portata tra il silenzio, se non il consenso, del Paese”.
Non si tratta di un interrogativo nuovo, ma la domanda è lecita. Domanda che si è posto anche Stefano d’Errico, segretario nazionale Unicobas: “a pieno regime l’introduzione del liceo breve porterebbe alla perdita di circa 35.000 cattedre e di migliaia di posti Ata. E’ il calcolo che abbiamo fatto e che indirettamente il Governo conferma dicendo che ci sarebbe un risparmio di un miliardo e 400 milioni”.
La questione viene riproposta anche su L’Inchiesta, che si focalizza su altri aspetti: la volontà, sostiene il Ministero, al passo con l’Europa dove i ragazzi finiscono gli studi 1 anno prima. Ma in realtà non è così, dato che i paesi hanno adottato sistemi dove la scuola finisce a 19 e altri 18. Inoltre, il Miur porta avanti la strada del liceo breve per velocizzare e favorire un inserimento nel mercato del lavoro per i giovani, ma anche questa volta i dati non sono così favorevoli al Ministero: il nostro mercato del lavoro penalizza di più i giovani fra i 15 e i 24 anni.
Tutti questi dubbi possono diradarsi solo vedendo gli effetti della sperimentazione, non c’è altro da fare.
Nel frattempo ricordiamo che, dopo essersi candidate le domande, un’apposita Commissione tecnica valuterà le domande pervenute. Le proposte dovranno distinguersi per un elevato livello di innovazione, in particolare per quanto riguarda l’articolazione e la rimodulazione dei piani di studio, per l’utilizzo delle tecnologie e delle attività laboratoriali nella didattica, per l’uso della metodologia Clil (lo studio di una disciplina in una lingua straniera), per i processi di continuità e orientamento con la scuola secondaria di primo grado, il mondo del lavoro, gli ordini professionali, l’università e i percorsi terziari non accademici.
Nel corso del quadriennio, un Comitato scientifico nazionale valuterà l’andamento nazionale del Piano di innovazione e predisporrà annualmente una relazione che sarà trasmessa al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. A livello regionale, invece, saranno istituiti i Comitati scientifici regionali che dovranno valutare gli esiti della sperimentazione, di anno in anno, da inviare al Comitato scientifico nazionale.
MIUR.AOOUFGAB.REGISTRO DECRETI.0000820.18 10 2017
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