Si allarga la polemica sulla riduzione d’un anno del percorso che porta alla maturità: gli studenti si dicono d’accordo all’idea, ma non con l’attuale sperimentazione dei ‘licei brevi’.
Il coinvolgimento di 100 istituti superiori nel progetto ministeriale viene infatti considerato dalla Rete degli studenti solo “un tentativo di risparmio sulla scuola pubblica attraverso il ‘taglio’ di un anno di studi, con evidenti vantaggi economici (a scapito degli studenti): secondo alcune stime il risparmio sull’istruzione sarebbe di circa 1 miliardo e 300 milioni”. “
Giammarco Manfreda, coordinatore nazionale della Rete degli studenti, apre alla “necessità di uscire un anno prima dalle scuole superiori è reale ma non può essere questo il modo”, perché sarebbe “necessario mettere in discussione il sistema dei cicli dell’istruzione secondaria, a partire dalle scuole medie per passare poi a una riforma complessiva che sappia mettere in discussione, quindi, un sistema vecchio che non risponde più alle esigenze della società attuale”.
“E’ necessario smettere di affrontare la scuola a compartimenti stagni e affrontare i provvedimenti a essa connessi – conclude – come migliorativi inseriti all’interno di un’idea che abbia una direzione ideologica definita e che coinvolga il sistema tutto”.
Insomma, gli studenti si dicono d’accordo sull’anticipo dell’uscita dalla scuola a 18 anni. Probabilmente, però, preferirebbero sottrarre un anno di corso nei cicli scolastici precedenti alle superiori.
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Intanto, da Governo e Miur giungono segnali di conferma sulla validità del progetto. “E’ una sperimentazione in 100 classi in cento scuole d’Italia, vediamo come va: non ci dobbiamo fasciare il capo prima che si sia rotto”, ha detto Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione, parlando nel giorno delle celebrazioni per i 73 anni dalla Liberazione di Firenze.
Toccafondi ha ricordato che “nel resto d’Europa si finisce la scuola tra i 17 e i 18 anni, quindi sperimentiamo per comprendere. E poi non è vero che i ragazzi studieranno meno perché le ore che si studiano in quinta verranno spalmate sui quattro anni precedenti. Questa è la realtà delle cose. Si sperimenterà una materia almeno in lingua inglese, si faranno tante metodologie didattiche innovative, quindi – ha concluso il rappresentante governativo – evviva la sperimentazione, non dobbiamo averne paura”.
Sui licei cosiddetti ‘brevi’, tuttavia, aumentano le perplessità. Sia sindacali che a livello di critica. Il 14 agosto, sul Corriere della Sera Pierluigi Battista ripercorre la vicenda inviando una durissima critica all’operato di chi gestisce l’istruzione pubblica.
“La scuola – si legge nell’editoriale – ha bisogno di tempi lunghi, di certezze, di stabilità, di non essere afferrata dalla fregola dell’esperimento cervellotico, della trovata pedagogica, del dadaismo irresponsabile per cui ogni anno tutto viene destrutturato, riorganizzato, revisionato, ritoccato, sperimentato. Esperimenti in cui gli studenti diventano cavie. Quattro anni invece di cinque: per vedere come reagiscono i topolini in laboratorio, per sentirsi moderni e all’avanguardia? E in che senso quattro sarebbe più all’avanguardia di cinque? Ecco, sarebbe allora il caso di fare marcia indietro”, conclude Battista.
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