Il liceo classico va abolito: sono molti coloro che lo sostengono, primi fra tutti gli imprenditori. Uno di loro, Alberto Forchielli, ai microfoni di Vanity Fair, ha argomentato il suo pensiero. Forchielli ha fondato l’associazione Drin Drin, che presto diventerà partito.
Ecco come ha esordito: “Trent’anni anni di non crescita della produttività è un de profundis. Non c’è Paese al mondo che abbia avuto una stasi della produttività di 30 anni, secondo me neanche la Somalia o il Sudan, è una cosa orribile, pazzesca. Manca l’innovazione, facciamo le stesse cose che facevamo 30 anni fa: piastrelle, divani, cucine componibili. Certo. La nostra industria non si è evoluta in nessun senso. Le varie Microsoft, Google, Nvidia, sono tutte cresciute in un ambito universitario, e significa che la scuola e l’università sono importantissime. E questo vuol dire che il capitale di rischio che deve sostenere l’innovazione è importantissimo, come la scuola. In Italia non c’è né l’uno né l’altro”.
L’imprenditore ha poi commentato le nuove Indicazioni Nazionali per il primo ciclo annunciate da Valditara, che prevedono il ritorno al latino alle medie, facoltativo: “È una cosa folle. Nel senso: con tutto il rispetto per il latino, noi in tempi non sospetti abbiamo invocato l’eliminazione del liceo classico. Naturalmente è venuto giù il mondo, ma era una provocazione estrema per sollevare il problema: gli imprenditori qui della cintura bolognese sono tutta gente che ha fatto ingegneria o sono periti tecnici. Non c’è nessun imprenditore che abbia fatto il classico. Se fai il classico diventi medico o avvocato, ma noi abbiamo bisogno di imprenditori che generino innovazione. L’amore dell’Italia per il classico è un disastro per l’innovazione”.
“Se io dico che uno deve studiare per elevarsi socialmente, economicamente, è bene che studi ingegneria, 9 persone su 10 mi dicono: ‘Ma non è vero, il ragazzo deve studiare quello che gli piace’. È una cosa terribile, capito? Io invece credo che uno debba studiare quello che serve e quello che piace lo fa nel tempo libero”, ha aggiunto, lapidario.
Questa visione è totalmente opposta quella dell‘influencer culturale Edoardo Prati, che ha spiegato tempo fa a che serve iscriversi a lettere:
Ecco come ha esordito lo studente: “La scuola è il luogo sacro della disubbidienza verso di sé. Ti offre costantemente la possibilità di essere il contrario di quello che eri prima. Questo è un diritto, che uno un giorno possa essere un attore, un giorno un matematico, un altro un pescatore: questo la scuola te lo dà”.
L’umanista ha parlato di coloro che gli chiedono perché si sia iscritto a lettere classiche e, soprattutto, a cosa possa servire. “Il servire è il primo punto, il secondo è il coraggio, come se si dovesse avere coraggio ad essere sé stessi. ‘Non hai paura di non avere lavoro?’. C’è qualcosa che non va. Gli anni della scuola sono gli anni della costruzione dell’individuo. Uno in terza superiore deve essere vittima già del possibile lavoro causato dalla possibile Università. Forse bisogna recuperare la dimensione del soggetto che agisce la sua vita”.
“Il classico ha la peculiarità di cambiare nel tempo. La fraintenbilità è un elemento importantissimo del classico mentre invece noi oggi tendiamo a spiegare molto, iniziando da noi stessi. Io ho dovuto definire che cosa sono, non basta più essere”, ha aggiunto.
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