Voglio fare un omaggio al ministro dell’Istruzione e del Merito, professor Giuseppe Valditara, prendendo sul serio e alla lettera le sue ultime dichiarazioni sull’andamento delle iscrizioni alle due “punte di diamante” del progetto di rinnovamento scolastico promosso dal governo attuale, e cioè il Liceo del “made in Italy” e il percorso 4+2 della cosiddetta filiera tecnico-professionale. Prima di commentare le sue esternazioni, affronterò la questione da un punto di vista generale: qual è il rapporto tra verità e politica? O, se si preferisce, qual è il rapporto tra menzogna e politica? Le domande sono impegnative e hanno attraversato la storia della filosofia e del pensiero politico; le opinioni rispetto a questo complesso tema sono molto diverse.
Alla fine del Settecento, ad esempio, Benjamin Constant scriveva: “Il principio morale [..] che dire la verità sia un dovere, se fosse preso in modo assoluto e isolato, renderebbe impossibile ogni tipo di società. Ne abbiamo la prova nelle conseguenze dirette che ha tratto, da questo primo principio, un filosofo tedesco, che arriva a sostenere che, persino davanti agli assassini che vi chiedessero se il vostro amico, che stanno inseguendo, si è rifugiato in casa vostra, la menzogna sarebbe un crimine“. Il filosofo tedesco cui Constant allude è Kant, convinto assertore della necessità di aderire alla veridicità, senza deroghe. Cosa che sostenne nello scritto “Sul presunto diritto di mentire per amore dell’umanità”, in risposta a Constant. In un’epoca più prossima alla nostra, dopo la pubblicazione sul New York Times, dei Pentagon Papers, in cui risulta chiaro e netto come l’intervento americano in Vietnam fosse del tutto inutile, Hannah Arendt scrive un saggio, tradotto in italiano con il titolo La menzogna in politica.
Si mente, in politica, per assecondare la ragion di Stato, per stravolgere dati e fatti nell’interesse di una parte sociale o anche per incentivare la “benefica illusione” di un miglioramento, per immaginare qualcosa che non c’è ma potrebbe esserci. In genere, non si mente per immaginare mondi migliori e possibili, ancorché poco ancorati nella realtà; piuttosto si mente per difendere la propria idea e far comprendere al popolo che è un’idea buona, destinata al successo. O anche, al contrario, si mente per creare nemici immaginari – spero che qualche lettore ricorderà ancora la fola delle “armi di distruzioni di massa” in possesso dell’Iraq di Saddam Hussein.
Ritorniamo ora ai fatti concreti e al sabato 18 febbraio 2024 in Viale Trastevere, Roma. Nelle stanze del meritevole Ministero si lavora ancora, ad iscrizioni alle scuole superiori ormai concluse – udite udite! – proprio sui numeri delle iscrizioni.
La conclusione di questo alacre lavoro sarà stabilire che il flop del liceo made in Italy e del percorso tecnico-professionale di 4+2, di cui abbiamo letto su tutti i giornali non c’è stato! A dire il vero, per il Ministro erano già confortanti i dati precedenti: 375 iscrizioni, lo 0,08% del totale, per il Liceo del Made in Italy, 1.669 iscrizioni al 4+2, su circa 200.000 studenti potenzialmente interessati perché neo-iscritti al primo anno degli istituti tecnici e professionali. Adesso, però, abbiamo i numeri definitivi; al Ministero s’è lavorato duro per ottenerli. Immaginiamo stuoli di impiegati raccogliere, nel fine settimana, le ultime informazioni, aggiungere ancora un iscritto ai due corsi di studio “eccellenti”.
Infine, la dichiarazione del Ministro: “I dati finali evidenziano una accresciuta preferenza per i percorsi tecnici e professionali della filiera 4+2. In dettaglio, la percentuale di scelta dei nuovi quadriennali di filiera rispetto al totale degli iscritti all’istruzione tecnica è salita allo 0,89% e allo 1,06% per il professionale. Il dato conferma inequivocabilmente il gradimento per la sperimentazione della nuova filiera”.
Leggiamo davvero increduli e per un momento lasciamo da parte la gran quantità di riserve che abbiamo rispetto al Liceo del made in Italy e alla filiera 4+2. Guardiamo, stupiti, i nuovi numeri: “… rispetto alla rilevazione alla chiusura delle iscrizioni on-line del 10 febbraio scorso, si rileva per la filiera 4+2 una crescita del 25% degli iscritti per un totale di 2.093 domande (1405 nei tecnici e 688 nei professionali), e per il liceo Made in Italy un incremento del 12%, con 420 iscritti totali”.
L’incremento, spiega sempre il Ministero, è legato agli ultimi inserimenti di iscrizioni “presentate direttamente in sede, in via cartacea, dalle famiglie”. Pongo una domanda retorica e chi sa risponda: “Quali famiglie non sono state in grado di usare le procedure online per le iscrizioni? E con quale consapevolezza avranno scelto i “nuovi” percorsi?” Ma guardiamo di nuovo i numeri: la filiera del 4+2 raccoglie lo 0,89% nei tecnici, l’1,06% nei professionali e il povero Liceo del made in Italy passa da 375 iscritti a 420: un incremento del 12%, sottolineano dal Ministero! Siamo seri, ci verrebbe da dire. Qui siamo oltre: si sta propinando una realtà quasi immaginaria e parallela, ci si fa beffa dei cittadini presentando come lusinghieri numeri che anche un bambino interpreterebbe come scarsissimi.
Inquieta e preoccupa questo modo di fare, che confonde le carte in tavola in nome della realizzazione di un progetto. Un flop analogo si era verificato lo scorso anno, quando il ministro responsabile era ancora Patrizio Bianchi: la “filiera del 4+2”, così caro anche al premier tecnico Draghi, non aveva avuto alcun successo. Ciò non toglie che l’attuale Ministro dovrebbe riconoscere la linea di fortissima continuità fra il suo progetto e quello promosso da Bianchi, per condividerne con lui il “successo”, dato che il “compito” è stato copiato bellamente.
Infine, l’osservazione più seria: è inutile sperare che il “4+2” o il Liceo del made in Italy risolvano la crisi occupazionale dei nostri giovani. Essa deriva da due fattori principali: l’assenza di una politica del lavoro di medio-lungo periodo e i bassi salari italiani. Se così non fosse, giovani altamente formati, come medici e personale sanitario laureato, non sarebbero espatriati nella misura di quasi 40.000 tra il 2019 e il 2022 (dati OCSE). Questi sono i numeri su cui il Ministro dovrebbe riflettere, invece di far propaganda. La propaganda sarà pure l’anima del commercio, ma la politica dovrebbe essere qualcosa di molto più alto. D’altra parte non mi meraviglio troppo dell’attuale atteggiamento del ministro: Giuseppe Valditara fu il relatore al Senato della “riforma Gelmini”, quella che in un solo colpo tolse alla scuola italiana 8 miliardi di euro e che venne spacciata, senza alcuna ironia, come “riforma epocale”. Chissà se qualcuno se lo ricorda ancora.