Il 31 maggio 2023 il Consiglio dei Ministri ha approvato un Disegno di legge riguardante “Disposizioni organiche per la valorizzazione, promozione e tutela del made in Italy”, presentato a fine luglio alla Camera dei Deputati e il cui iter legislativo in Parlamento dovrebbe riprendere in questi giorni. Il Ddl si occupa prevalentemente di attività economiche e produttive. Ma tra filiere del legno-arredo, fibre tessili, nautica e certificazione di qualità della ristorazione italiana all’estero, trova spazio anche il mondo della scuola: è prevista infatti l’istituzione di un nuovo liceo, denominato come il marchio di origine di un paio di scarpe o di una cucina, il “Liceo del Made in Italy”. In effetti, l’unica concessione anglofila è stata riservata al nome di questo liceo mentre l’impianto di questo modello di scuola si sviluppa all’interno di una visione autarchica e rigidamente identitaria della cultura e dell’educazione. A legger bene il testo del Ddl ritroviamo l’impostazione tipica del capitalismo neoliberista che i governi sia di centro-destra che di centro-sinistra negli ultimi vent’anni hanno voluto imporre alla scuola italiana. Infatti, anche nel caso di questo governo di destra-destra, si sprecano i riferimenti all’allineamento tra scuola e mondo del lavoro, sottintendendo che sia la prima a doversi piegare a quelle che in Italia sono oramai le costanti del lavoro: precarietà, sfruttamento, salari da fame, mancanza di sicurezza (queste sì made in Italy). E tale allineamento non può che realizzarsi spingendo sulle “competenze imprenditoriali”, che le e gli studenti devono acquisire, e sul “rafforzamento dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”, vale a dire ulteriori tempo ed energia dedicati all’alternanza scuola-lavoro, sottratti invece all’insegnamento e all’apprendimento a scuola, il tutto sulla base del presunto “apporto formativo delle imprese”.
Nulla di nuovo sotto il sole, qualcuno potrebbe dire: la riforma Gelmini e la Buona scuola di Renzi ci avevano già abituati al chiodo fisso che ognuno deve imparare a essere imprenditore di se stesso e che la scuola deve rincorrere il mondo del lavoro. Ma con il governo di destra-destra si è andati ben oltre: la scuola deve diventare anche la cassa di risonanza per esaltare il tricolore italico nella produzione di merci che, come sanno oggi anche i bambini, è oramai legata mani e piedi al mercato globale. E così, nelle intenzioni del governo, il 1° settembre 2024 prenderà avvio il liceo del made in Italy, anche se dovrebbe già essere tutto pronto a gennaio 2024 in vista delle iscrizioni alle classi prime.Siccome, inoltre, non vi è alcuna intenzione di investire denaro nella scuola pubblica (anzi per la prossima legge di bilancio si prevedono ulteriori tagli in questo settore), il governo ha anche pensato come organizzare le classiche nozze con i fichi secchi: verranno infatti soppressi i più di 400 Licei economico-sociali (opzione del Liceo delle Scienze Umane) presenti in Italia, con la conseguente sparizione totale o in parte delle cattedre di scienze umane e di diritto ed economia politica e con l’introduzione di nuove discipline (ad es., economia e gestione delle imprese del Made in Italy, Made in Italy e mercati internazionali), di cui non si sa nulla sia per quanto riguarda il loro impianto epistemologico sia chi le insegnerà, in attesa di un Regolamento che dovrebbe essere formulato dal Ministero dell’Istruzione.
Unico investimento previsto (un milione e mezzo di euro) è riservato alla creazione di una fondazione, denominata per l’occasione “Imprese e competenze per il made in Italy” con lo scopo di promuovere, se ancora non fosse chiaro, “il raccordo tra le imprese che rappresentano l’eccellenza del made in Italy e i licei del made in Italy”, ovviamente con lo scopo di un “rapido inserimento” delle e degli studenti nel mondo del lavoro. E così, mentre la scuola italiana affonda anno dopo anno a causa di tagli al personale, classi pollaio, ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, precariato cronico e il 60% degli edifici scolastici non a norma, il governo ha pensato bene di lanciare una anacronistica e velleitaria battaglia del grano nel mondo della scuola per risollevare le sorti e il prestigio di un presunto marchio nazionale.
I COBAS Scuola denunciano questa scadente e pericolosa operazione di propaganda che va a colpire duramente il mondo della scuola, cancellando posti di lavoro e imponendo una visione dell’educazione miope e asservita al potere economico e finanziario. La scuola è prima di tutto un luogo di elaborazione critica dei saperi, di acquisizioni di strumenti cognitivi e culturali che permettano alle e agli studenti di comprendere il presente e di cambiarlo, non certo di accettarlo supinamente e diventarne strumenti di propaganda. Come COBAS rifiutiamo in toto questa farsa di scuola spacciata per liceo e ci impegniamo a contrastare il percorso della sua realizzazione, consapevoli che la scuola italiana ha bisogno di ben altre risorse e attenzioni e non certamente di bollini o brand che la riducano ad essere un megafono di un governo che spera ancora di riutilizzare i ferri vecchi di una propaganda di regime che dovrebbe essere relegata al passato.
Davide Zotti – Esecutivo Nazionale COBAS Scuola
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