Si continua parlare dell’occupazione del liceo Tasso a Roma avvenuta lo scorso dicembre. Come abbiamo scritto, il dirigente scolastico ha deciso di agire con pugno duro sui 170 studenti occupanti con delle sanzioni: 10 giorni di sospensione dalle lezioni, di cui 8 da svolgere con attività socialmente utili, più 5 in condotta al termine del primo quadrimestre.
La proposta, che deve ancora essere valutata dai Consigli di classe, è intanto piaciuta al numero uno del dicastero dell’Istruzione e del Merito.
Valditara ha espresso il suo apprezzamento al dirigente scolastico e ai docenti per la fermezza dimostrata in merito alle occupazioni dell’istituto. “La scuola costituzionale, e dunque democratica è quella che insegna a rispettare le regole e a coniugare libertà con responsabilità”, ha tenuto a dire il ministro.
Come riporta Il Corriere della Sera il dirigente, con una lettera firmata anche da 32 docenti, ha denunciato le “strumentalizzazioni” della vicenda, parlando di “manipolo di studenti che impone la scelta a tutti gli altri e nottetempo entra a scuola bloccando la didattica curricolare a vantaggio di lezioni tenute da ospiti più o meno famosi e corsi su fumetti, fotografia, burraco tenuti da sedicenti rivoluzionari”. L’epilogo della protesta, scandita da “musica, balli, birra e spritz”, culmina nella “conta dei danni” con il dispendio di denaro pubblico per sanificare i locali.
In alcuni passaggi della nota vengono chiamati in causa esponenti politici che, nei giorni scorsi, hanno difeso i ragazzi: dal segretario romano del Pd, Enzo Foschi, secondo il quale l’occupazione sarebbe l’unico modo “per manifestare un disagio e porre domande”, alla deputata dem Michela Di Biase, critica nei confronti di un approccio ritenuto repressivo (la replica: “Nessuno di noi crede che la scuola sia un luogo di punizione”).
Le parole più dure sono per l’ex deputato di Si Stefano Fassina che non ha impedito alla figlia di partecipare “in nome di un obiettivo educativo primario: la maturazione del dovere della responsabilità delle proprie scelte di vita”. Ecco le parole del dirigente: “Non sarebbe stato meglio che un genitore che ha un ruolo politico si limitasse a svolgere tra le mura domestiche il ruolo di padre? I figli smettano una buona volta di essere protetti dai padri”.
A commentare la faccenda anche il giornalista Massimo Gramellini, sempre su Il Corriere, che ha lodato il dirigente. “La mia generazione è cresciuta contestando l’autorità e quindi la scuola, ma non aveva (e nemmeno voleva) l’appoggio dei padri: li considerava alleati della controparte, come in effetti erano. Perché i padri (e le madri) si sentivano ancora membri di una comunità più vasta, non capiclan chiamati a difendere l’onore della famiglia. Proteggevano i figli solo quando li vedevano in preda alla disperazione o vittime di un reato. In tutti gli altri casi li lasciavano liberi di misurarsi con il potere, di vincere e perdere le loro sfide adolescenziali. Intuivano che, se un genitore difende il figlio contro il preside, gli trasmette il messaggio che la scuola non vale niente. Mentre, se un genitore sta dalla parte della scuola persino quando ritiene che abbia torto, il preside ritroverà la sua autorevolezza e forse non sentirà neanche più il bisogno di diventare autoritario”.
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