Il liceo Visconti di Roma, uno dei più prestigiosi della Capitale, è in occupazione dalla notte tra lo scorso 20 e il 21 novembre, in un periodo davvero caldo per le scuole della città. “Gli studenti si oppongono alla torsione autoritaria e antidemocratica messa in atto da questo governo. L’occupazione si scaglia anche contro la politica bellicista e guerrafondaia richiesta dalla Nato”, questi i motivi del gesto, secondo quanto si legge in un comunicato.
Il gruppo di occupanti, quindi, ha vietato l’ingresso a scuola agli studenti contrari alla protesta. Alla fine, come si legge su Il Messaggero e su Skuola.net, questi sono riusciti ad accedervi da un’aula da cui è possibile entrare anche dall’esterno.
Insieme a loro un gruppo di docenti, circa quaranta, che ha deciso di non abbandonare gli studenti ma, anzi, di approfittare del momento per proporre attività alternative alle lezioni ordinarie, dibattiti. I prof si sono anche resi disponibili a produrre un contro documento. “Un gruppo minoritario di studenti si è impossessato della scuola, inutili le trattative con la preside che ha comunicato che l’occupazione sarà fino a giovedì mattina”, ha detto una docente a Il Messaggero.
“Siamo andati nell’aula che dal Covid ci è stata messa a disposizione della Chiesa, c’erano una cinquantina di ragazzi, speriamo domani siano di più. Qui prof e studenti contrari, in assemblea semi permanente, porteranno temi alternativi, dalla dispersione scolastica all’educazione civica e la consapevolezza politica. Ma noi non siamo occupanti, vogliamo stare con i contrari, anzi, discutere con loro”, ha continuato.
Uno degli studenti contrari alla protesta ha ribadito, sempre a Il Messaggero: “La comunità scolastica non era d’accordo con l’occupazione. Basta dirlo: vogliamo occupare per fare baldoria. I docenti rimarranno con noi durante l’orario scolastico per provare a instaurare un dialogo, anche perché se pure 200 sono ad occupare gli altri 600 sono a spasso”.
La giornalista Marina Valensise, nelle pagine del quotidiano, ha definito il gesto dei prof “paradossale e coraggioso, che mette fine a più di 50 anni di inebetita inerzia davanti a un rito stantio e, però, ancora corrente”.
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