Ci doliamo della scuola, lamentiamo l’ignoranza di certi allievi e talora di qualche docente laureatosi a distanza con esami in cui si chiedeva di segnare la crocetta nella casella giusta.
Nondimeno la “peste della lingua”, come la definì Italo Calvino, ossia il depauperamento e la deturpazione dell’”idioma gentile”, è un contagio micidiale che dilaga in ogni dove. Il sistema educativo è solo uno fra i numerosi poli linguistici e culturali della nostra barbara civiltà: come si può giudicare il settore dell’”informazione”?
Prescindiamo pure dalle notizie, dai ‘fatti’ riportati, dalle idee espresse: a questo punto, non ha quasi più alcuna rilevanza la veridicità delle informazioni, la schiettezza della cronaca, la valenza ideologica dei pareri etc. Qui siamo al cospetto di giornalisti che non sanno affatto scrivere. Se non sai scrivere, non sai pensare, non sai discernere. Laureati? Diplomati? Esperti? Che importa! La rozzezza morfo-sintattica e quella lessicale eclissano i contenuti già spesso sciatti, anodini.
E’ indubbio: siamo usi leggere Omero e Virgilio, Platone e Seneca, se non in lingua originale, in buone traduzioni. Siamo cultori del “bello stile” che rifulge negli insigni autori della nostra letteratura, da Dante a Landolfi ed oltre. Dunque imbattersi in codesti brogliacci è sconvolgente, perché essi denotano un’inaccettabile violenza nei confronti dell’Italiano. Che divario! Ai sublimi, profondi pensieri, alle mirabili descrizioni, agli incisivi resoconti dei classici, oggidì si contrappongono i superficiali dispacci vergati da articolisti ignari dei rudimenti su cui si fonda il codice italiano.
Giustamente chi vuole guidare un veicolo deve superare un esame “ad hoc”.” Chi vuole scrivere dovrebbe dimostrare, attraverso una prova specifica, una padronanza minima della lingua italiana. Il testo della prova dovrebbe poi essere corretto e valutato da una commissione qualificata, perché non si può neppure invocare una verifica per opera dei direttori, siano pure prestigiosi, come il Dottor Enrico Mentana. Egli, infatti, ignora le concordanze: ad esempio, ripete “argomentazioni condivisibile’, invece di “argomentazioni condivisibili”. Non è un “lapsus linguae”. Poi il redattore metta nero su bianco quel che più gli aggrada: ci insegna Antonio Genovese, illuminista partenopeo, che la stampa dev’essere del tutto libera, giacché anche la pubblicazione di errori e bugie, alla fine, permetterà alla verità di emergere ed affermarsi. Tuttavia si impedisca a chi non possiede i requisiti idonei di prendere in mano la penna o di usare la tastiera di un computer. E’ come se dessimo ad un bambino pennelli e colori per poi incitarlo ad impiastricciare i capolavori di una pinacoteca.
Antonio Marcianò
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