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Liliana Cavani: bisogna credere nella scuola

Liliana Cavani, 85 anni, la famosa regista cui, fra i tanti, è stato conferito il premio Bresson dalla Fondazione Ente dello Spettacolo con il patrocinio della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede e del Pontificio Consiglio della Cultura, nell’ambito della 75esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia,  intervistata dall’Agi, lancia una sorta di appello al governo, attuale e futuro che sia, affinché punti sulla cultura, sulla formazione, in una parola, sulla scuola.

Credere nella scuola

“Bisogna credere nella scuola, prenderla sul serio. Ma nessuno se ne occupa. Il successo di un Paese dipende da questo. Altrimenti quelli più ‘armati’ si prederanno tutto. Tutti battagliano ma non pensano che la prima cosa per diventare qualcuno, per portare a casa il denaro per la famiglia, è un mestiere, un lavoro. Che richiede preparazione, conoscenza dei propri diritti e limiti”.

Investire nella scuola

Se si vuole investire in ricchezza, “allora- continua Cavani- si investa nella scuola, nei centri scientifici, negli istituti dopo l’università. Investire in tutti i rami del sapere, dalla matematica alla fisica”.

Battaglia tra prof e genitori è il segno del disinteresse

Certamente, continua la famosa regista, “dobbiamo vedere il nuovo governo in azione. Ma comunque fino a oggi nessuno si è concentrato sulla scuola. Ho letto il libretto della Costituzione italiana quando sono stata consigliera della Rai. Ed era il 1996, un po’ tardi. Vorrei sapere se oggi va meglio, se i ragazzi a scuola la imparano. In fondo è un librino così, ed è importantissimo. Non c’è attenzione all’istruzione, come se non riguardasse nessuno. È così da anni, basta assistere alle battaglie tra genitori e professori. Ma vogliamo difenderla questa scuola? Dobbiamo ‘pretendere’ che sia formativa e di qualità e però ‘dare’ perché sia importante”.

“Mi meraviglio –dice ancora all’Agi la Cavani- che l’Europa non ponga al centro la cultura, soprattutto la cultura. Non se ne parla abbastanza”.

Amarcord

“Se penso a quando ho fatto il liceo classico a Modena, eravamo in 18 nella mia aula, c’erano bravissimi professori. Sa che ho saltato il terzo anno perché oramai sapevo il greco e il latino a un livello tale da poter andare a fare l’esame di maturità? Siccome avevo 2 anni in più della media, perché avevo perso tempo in altre scuole, sono andata a fare l’esame e sono stata promossa a giugno alla pari di quelli che avevano fatto i 3 anni di liceo dopo il ginnasio. Io ne ho fatto solo 2. E’ il motivo è che la scuola era buona. Il liceo classico di Modena era buono. Non so degli altri, ma da quello che si sente e vede si ha l’impressione che la scuola oggi sia un problema. Un problema che non risolve nessuno”.

Pasquale Almirante

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