La capacità di elaborare il linguaggio è una caratteristica tipica dell’essere umano: ci permette di comunicare, imparare, e pensare meglio. Il modo in cui il cervello rappresenta ed elabora il linguaggio parlato, come percepisce le strutture sintattiche e come registra i concetti astratti, sono questioni ancora centrali nelle neuroscienze e nelle scienze cognitive.
Secondo gli studiosi di neurolinguistica del bilinguismo, durante l’acquisizione della lingua materna, si vengono a formare nel cervello, precisi circuiti neuronali chiamati sistemi neuro-funzionali, specializzati per le lingue, che pur in continua interazione, controllano separatamente le dimensioni linguistiche, metalinguistiche pragmatiche ed emozionali. Durante l’apprendimento di una lingua non materna, si ritiene che all’interno di ciascuno di questi macrosistemi, si formino dei sub-sistemi neuronaliche elaborano in modo specifico una lingua.
Molti studiosi, nei settori della linguistica e della glottodidattica, riconoscono all’età un ruolo “critico”, sia per l’acquisizione della lingua madre che delle seconde lingue.
Il primo a rilevare l’esistenza di un periodo critico nell’apprendimento del linguaggio, è stato Eric Lenneberg in Biologic Foundations of language(1967) che include questa ipotesi nella sua teoria biologica del linguaggio. A sostegno di questa ipotesi, negli anni seguenti, gli studi di Johnson e Newport (1989) sull’apprendimento della seconda lingua, hanno esaminato la conoscenza della lingua inglese dei cinesi e dei coreani negli Stati Uniti, giungendo alla scoperta che la loro competenza in campo grammaticale, era collegata all’età in cui avevano iniziato a studiare inglese.
Coloro che erano giunti negli Stati Uniti prima dei sette anni, mostravano un livello di competenza pari a quello dei nativi. Come afferma Antonella Sorace, esperta di bilinguismo il cervello nei primi anni di vita ha la massima ricettività nei confronti del linguaggio, i bambini tendono ad imparare ogni lingua senza sforzo allo stesso modo in cui imparano a camminare, il bilinguismo infantile dunque è un processo spontaneo che ha luogo se il bambino ha sufficienti opportunità di ascoltare le lingue e una sufficiente dose di motivazione ad usarle.
Crescere bilingue comporta vantaggi su differenti piani tra i quali quello dello sviluppo cognitivo della realizzazione personale e della formazione di un’identità e soprattutto un maggiore sviluppo del “pensiero divergente /laterale”.
Il bambino bilingue pare possedere una maggiore creatività, una flessibilità mentale, una capacità di vedere le cose da differenti punti di vista, una capacità di risolvere i problemi e quindi analizzare informazioni complesse mostrando capacità di astrazione, capacità di apprendimento ovvero incamerare informazioni e combinarle per costruire sapere.
Fabrizio D’India