La scuola è un sistema.
La sua natura è stata riconosciuta e affermata dal titolo delle leggi 53/2003 e 107/2015.
Riconoscimento solo nominale, perché la visione dei politici, degli amministratori, dei dirigenti, dei docenti e degli accademici è impantanata nel lontano passato, prima dell’avvento della rivoluzionaria teoria generale dei sistemi.
La cultura sistemica è l’asse portante della società contemporanea: i singoli elementi trovano la loro significatività nelle reciproche relazioni. Sono da esaminare con riferimento alla condotta di tutti gli altri.
Il comportamento di un sistema deriva dall’interazione tra i suoi componenti; non coincide con la sommatoria del comportamento dei suoi elementi, considerati separatamente. Agisce in modo del tutto originale.
Un sistema è strutturato: è composto di sottosistemi gerarchicamente organizzati.
La vita di un sistema che interagisce con l’ambiente è condizionata dalle reciproche relazioni.
La visione sistemica è l’architrave della riforma scolastica del 1974, ristrutturazione non compresa, denigrata e rigettata.
Il legislatore, cinquantacinque anni fa, ha orientato il sistema scolastico alla promozione e al consolidamento delle competenze generali e specifiche degli studenti (interazione con l’ambiente – aspetto formativo). Consegna affidata al Consiglio di Circolo/Istituto, l’organismo strategico dell’istituzione.
Gerarchicamente subordinato al Consiglio è il Collegio dei docenti che programma l’azione educativa per ipotizzare, gestire e validare strategie per concretizzare le finalità del sistema.
Sottordinato al Collegio è il Consiglio di Classe, l’organismo esecutivo elementare che, in base alla tipologia della classe, elabora e adotta strategie per far convergere gli insegnamenti verso i traguardi indicati dal superiore livello gerarchico.
Può essere utile ricordare che l’organizzazione scolastica di cui si tratta è stata richiamata e rinforzata nel 1999, dalle norme sull’autonomia scolastica che “si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione”.
Anche questa disposizione non è riuscita a illuminare il campo del problema: tutti gli operatori, a tutti i livelli non ne hanno colto l’essenzialità.
Enrico Maranzana