“Il livello di civiltà di un popolo e di uno Stato si misura anche dalla capacità di assicurare alle persone con disabilità inclusione, pari opportunità, diritti e partecipazione a tutte le aree della vita pubblica, sociale ed economica”: sono le significative parole con cui il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concluso la sua dichiarazione in occasione della Giornata internazionale per i diritti delle persone con disabilità.
Il Presidente ha anche affermato: “Particolarmente delicata è la condizione dei minori con disabilità. La pandemia acuisce la difficoltà di seguire le lezioni scolastiche. E la mancanza di relazioni con i docenti e coetanei rischia di produrre ulteriori condizioni di emarginazione”.
Il ricordo di questo recente intervento del Capo dello Stato ci sprona a porci la seguente domanda: cosa sta facendo la scuola italiana per gli alunni diversamente abili? Forse meglio sarebbe chiedersi cosa stiano facendo le varie scuole per i diversamente abili, visto che ognuna sta seguendo strade diverse. Da quando, infatti, ormai più di vent’anni fa, alle istituzioni scolastiche italiane è stata riconosciuta l’ autonomia, non c’è più una linea comune da seguire, ma ogni Istituto, per così dire, segue una propria strada e questo accade non solo nell’ambito della politica di inclusione nei confronti dei BES.
Come è noto, l’articolo 43 del DPCM del 2 marzo 2021 parla della possibilita’ di svolgere attivita’ in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilita’ e con bisogni educativi speciali, secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell’istruzione n. 89 del 7 agosto 2020, e dall’ordinanza del Ministro dell’istruzione n. 134 del 9 ottobre 2020.
Eppure, ad oggi in alcune scuole d’Italia la presenza dei BES è ancora un miraggio! Ci si è limitati, infatti, in determinate circostanze, a un formale disbrigo degli adempimenti burocratici previsti dalle norme, senza nemmeno tentare, come si sarebbe invece dovuto fare, di perseguire un’autentica politica inclusiva, mettendo in campo veri e seri progetti di integrazione. Anche perché una vera didattica inclusiva non si può improvvisare dall’oggi al domani!
Dietro una didattica inclusiva che si rispetti ci sono anni di attenzione e dedizione verso i più deboli, ma se questa attenzione e dedizione sono mancate , sono state carenti o comunque non sono state improntate a una seria progettualità, allora non si può sperare nulla di buono. Si dirà che l’adempimento burocratico è stato assolto, ma la verità è che fare vera inclusione scolastica non è una semplice compilazione di scartoffie per sentirsi la coscienza a posto!
Resta il fatto che, a più di un anno dall’inizio della pandemia, alcuni alunni con bisogni educativi speciali non hanno più messo piede in un’aula scolastica e la loro situazione di emarginazione e solitudine si è ulteriormente aggravata. Ciò nonostante la legislazione vigente abbia riconosciuto la giusta attenzione al mondo dei Bes e degli alunni diversamente abili, come attesta , tanto per fare un esempio, il Decreto Legislativo 66/2017 attuativo della Legge 107/2015.
Per fortuna, la situazione non è la stessa ovunque : in alcuni Istituti, fin dal primo momento, le porte delle scuole sono state aperte per i fragili e a loro sono stati garantiti il diritto allo studio e soprattutto la socialità, grazie alla presenza di gruppetti di compagni di classe, in modo non solo da scongiurare il paventato pericolo di un ritorno alle “classi differenziali”, ma di contrastare nei fatti qualsiasi forma di discriminazione e solitudine. Bene farebbe il MIUR ad attivare un serio e accurato monitoraggio su tutto il territorio nazionale allo scopo di premiare queste realtà virtuose che fanno onore al mondo della scuola, allo stesso tempo stigmatizzando, invece, quelle che, tradendo il vero spirito della legge e delle norme, hanno fatto dell’inclusione un mero adempimento burocratico.
Andrea Canonico
Giuseppe Scafuro