Il 26 gennaio la Ministra Valeria Fedeli ha illustrato alle Commissioni Cultura le linee programmatiche del suo dicastero; ha individuato nel “recupero dell’importanza e della considerazione nella società che negli ultimi anni si è ingiustamente persa” uno degli obiettivi qualificanti.
Banale e inefficace è risultata la strategia di perseguimento della lodevole intenzione: le politiche del personale non incidono sul prestigio dell’istituzione mentre l’anacronismo della “condivisione del valore della continuità didattica” muove in direzione opposta alla prefigurata.
Le linee programmatiche di un supermercato sono elaborate in funzione dell’attività delle cassiere?
La continuità didattica era un valore nella scuola del primo novecento, scuola fondata sulla trasmissione delle conoscenze. Il vorticoso cambiamento socio-culturale e la conseguente incertezza nel prevedere i futuri scenari hanno condotto il legislatore alla ridefinizione dell’orientamento del sistema scolastico. Le categorie “competenze generali” e “competenze specifiche”, che riguardano i comportamenti che gli studenti devono essere in grado di esibire per interagire positivamente con l’ambiente, sono i nuovi traguardi.
Un cambiamento radicale: il potenziamento delle qualità dei giovani è la nuova finalità, punto di convergenza di tutti gli insegnamenti. Le conoscenze sono “strumento e occasione” d’apprendimento, necessarie ma funzionali agli obiettivi. La progettazione formativa/educativa evolve dal COSA (competenze) al COME (programmazione e coordinamento) per terminare nel momento esecutivo, quello della didattica.
La mancata percezione della specificità della vita delle scuole e delle negligenze che hanno originato la perdita del prestigio, è confermata dalla dichiarata intenzione di “portare a compimento il percorso di riforma superandone le criticità, mantenendo obiettivi e finalità”: più della metà degli “obiettivi formativi prioritari” elencati dalla legge 107/2015, sono sbagliati!
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