Attualità

Linee guida didattica digitale integrata: tanti adempimenti e formazione carente

Le nuove Linee guida per la Didattica Digitale Integrata (DDI) non hanno ancora la veste dell’ufficialità, ma già fanno discutere.

In attesa del parere del Consiglio Superiore delle Pubblica Istruzione, è evidente che per le scuole, fin da inizio settembre, si profila un carico di adempimenti burocratici, più formali che di sostanza.

La “sostanza” infatti presupporrebbe che i docenti avessero già ricevuto, o ricevessero fin da subito, una adeguata formazione, per trasformare la didattica a distanza (DaD) della fase emergenziale in una vera didattica digitale integrata (DDI), cioè una metodologia innovativa ed efficace frutto di maturazione e sviluppo professionale.

I nuovi obblighi per le scuole

Cominciamo con gli adempimenti di inizio anno scolastico, che non sono pochi. Ciascuna istituzione scolastica dovrà infatti:

  • Elaborare il Piano scolastico per la didattica digitale integrata (DDI). Per la secondaria di II grado si tratta di adottare una modalità complementare alla didattica in presenza, ma tutte le scuole dovranno comunque dotarsi del Piano per essere pronte, secondo le indicazioni date dal ministero, in caso di nuovo lockdown.
  • Individuare una piattaforma per lo svolgimento delle attività, che risponda ai necessari requisiti di sicurezza dei dati a garanzia della privacy, e organizzarsi per assicurare unitarietà all’azione didattica rispetto all’utilizzo.
  • Il Collegio docenti è chiamato a fissare criteri e modalità per erogare la Didattica Digitale Integrata, rimodulando le progettazioni didattiche, ripensando le modalità di verifica e di valutazione, e prestando particolare attenzione agli alunni più fragili, per i quali adottare misure specifiche e operare periodici monitoraggi.
  • Quanto ai rapporti con le famiglie, è necessario fornire una puntuale informazione sui contenuti del Piano scolastico per la didattica digitale integrata, sui criteri che saranno utilizzati dai docenti per operare la scelta degli studenti cui proporre la DDI, sulle caratteristiche che regoleranno tale metodologia e gli strumenti che potranno essere necessari.
  • Formulare l’orario delle lezioni tenendo conto di molteplici fattori (attività didattiche per alunni in presenza e a distanza, obbligo di stabilire quote orarie settimanali minime di lezione in caso di emergenza, necessità di spazi e di locali). L’orario dei docenti dovrà prevedere la quota per le lezioni in presenza e per la DDI, fermo restando l’orario di servizio settimanale stabilito dal CCNL.
  • Elaborare il Regolamento per la didattica digitale integrata che va ad integrare il Regolamento d’Istituto, con specifiche disposizioni in merito alle norme di comportamento da tenere durante i collegamenti. Andranno disciplinate anche le modalità di svolgimento dei colloqui con i genitori, degli Organi Collegiali e delle assemblee studentesche e di ogni altra ulteriore riunione.
  • Aggiornare il Regolamento di disciplina degli studenti con la previsione di infrazioni disciplinari legate a comportamenti scorretti assunti durante la didattica digitale integrata e con le relative sanzioni. 
  • Integrare il Patto educativo di corresponsabilità con un’appendice specifica riferita ai reciproci impegni da assumere per l’espletamento della DDI. 

La formazione dei docenti è sempre un passo indietro

Ci si sarebbe aspettati, dopo la fase di emergenza in cui la stragrande maggioranza dei docenti ha investito nella DaD tempo e risorse, anche improvvisando creativamente fra mille difficoltà, che si aprisse una fase di riflessione e di confronto, per raggiungere un grado di sviluppo professionale più maturo e adeguato ai nuovi scenari. Sarebbe una priorità assoluta, vista la situazione che si profila a inizio del nuovo anno scolastico.

Invece no. La formazione del personale è quasi una appendice degli adempimenti burocratici, e non “una leva fondamentale per il miglioramento e per l’innovazione del sistema educativo italiano” come si dice a parole.

I motivi del ritardo

La formazione non è partita in tempo rispetto alle esigenze sopraelencate. Il ministero si limita a indicare le aree tematiche sulle quali ciascuna scuola è invitata a predisporre il suo Piano della formazione del personale, con il supporto degli uffici scolastici regionali. Le priorità individuate sono informatica, metodologie innovative, privacy, salute e sicurezza.

Si fa riferimento ad alcune metodologie “fondate sulla costruzione attiva e partecipata del sapere da parte degli alunni” dalla didattica breve, all’apprendimento cooperativo, alla flipped classroom, al debate (niente di nuovo insomma).

Si “raccomanda” alle istituzioni scolastiche di procedere ad una “formazione mirata” che ponga i docenti nelle condizioni di affrontare in maniera competente queste metodologie. 

In pratica, è compito di ciascuna scuola individuare le specifiche esigenze formative e organizzarsi, con tutte le difficoltà collegate, considerata anche l’annosa questione che la formazione in servizio è sì “obbligatoria, permanente e strutturale” come afferma la legge107/2015 (Buona Scuola), ma il Contratto nulla dice sulle regole operative.

Quello della formazione è pertanto il punto debole che mina alla base l’efficacia della DDI, che non può ridursi a una trasposizione online delle attività in presenza, come verosimilmente accadrà nella maggioranza dei casi.

Come al solito, le scuole saranno solerti nell’espletare gli adempimenti formali obbligatori, ma non ci potrà essere innovazione effettiva senza formazione del personale.

Anna Maria Bellesia

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