Sull’insegnamento dell’educazione civica grava un equivoco di non poco conto che, negli ultimi anni, una parte della politica ha contribuito ad alimentare.
All’equivoco non si sta sottraendo neppure il ministro Valditara che, come altri suoi predecessori, è convinto che l’educazione civica possa davvero servire a indurre nei giovani comportamenti virtuosi.
Sembra cioè che sia sufficiente conoscere le regole della convivenza civile per essere automaticamente un buon cittadino, come se bastasse conoscere il codice della strada per non parcheggiare mai in divieto di sosta.
Per la verità questa idea ha un precedente illustre che risale addirittura a poco meno di 2500 anni fa: secondo Socrate, infatti, ci comportiamo male per lo più per ignoranza, cioè perché non conosciamo il bene. La logica conseguenza è che, per praticare il bene, basta conoscerlo.
Ecco, il dibattito sulla educazione civica ci sembra ispirato a queste teoria, molto nobile in linea di principio, ma che alla prova dei fatti non sembra reggere molto.
Nel 2019 era stato Matteo Salvini a dare avvio ad una narrazione quanto meno discutibile: “Bisogna introdurre l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole in modo da insegnare ai giovani le regole del vivere civile, il rispetto per gli altri e così via”
Come ben sa qualunque insegnante questo modo di affrontare la questione è del tutto inadeguato.
Se fossimo esseri programmati come dei computer il ragionamento potrebbe anche funzionare: basterebbe dare a tutti le “istruzioni” giuste e il risultato sarebbe assicurato.
Ma così non è.
Una possibile soluzione c’è ma non è per nulla semplice e soprattutto non dà risultati sicuri.
I grandi padri dell’attivismo pedagogico, da John Dewey fino ai nostri maestri come Bruno Ciari, Mario Lodi e molti altri hanno indicato una strada: le regole della democrazia e della convivenza non possono essere semplicemente trasmesse sotto forma di conoscenze come se fossero regole grammaticali o algoritmi per risolvere una equazione, ma devono essere praticate e messe in atto nella vita scolastica quotidiana.
Si tratta di una strada difficile e complessa che richiede l’impegno di tutti.
Le Linee Guida di questo o quel Ministro possono dare qualche indicazione ma per ottenere cambiamenti significativi nei comportamenti individuali o di gruppo ci vuole ben altro.
Ed è un peccato che la politica non se ne renda conto e tenda – come spesso accade – a fornire soluzioni semplici a problemi complessi.
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