Hanno fatto discutere molto le parole di un docente di un liceo di Roma, scritte in una lettera rivolta al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. Il professore ha criticato aspramente e satiricamente il numero uno di Viale Trastevere in merito alle linee guida di Educazione Civica pubblicate lo scorso settembre.
Molti sono i docenti che hanno diffuso la lettera sui social e che hanno commentato dicendosi d’accordo con il collega. A intervenire è stato oggi l’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio con una nota riportata da Ansa, in cui prende le distanze dal professore che “con toni neanche troppo velatamente sarcastici, fornisce una lettura distorta delle nuove linee guida per l’Educazione Civica”.
“Sorprendono le invettive di paventate derive antidemocratiche e autoritarie che evidenziano una lettura ideologica, faziosa e certamente distorta di un documento che ispira ai valori della democrazia, del rispetto, della giustizia e che si incardina saldamente ai principi fondamentali della nostra Costituzione”, concludono.
Ecco il testo integrale della lettera pungente del professore, che come riporta Fanpage insegna storia e filosofia in un liceo di Roma:
“Egregio Ministro, Le scrivo di nuovo dalla desolazione della ‘trincea’: quella in cui ogni giorno, con le studentesse e gli studenti, combattiamo l’eterna guerra contro la semplificazione e la superficialità. Oggi, però, le scrivo per ringraziarla delle Linee guida sull’insegnamento dell’educazione civica che ci ha inviato all’inizio dell’anno scolastico. Da oggi abbiamo un punto fermo nel nostro lavoro di docenti ed educatori: ci dirigeremo nella direzione esattamente opposta a quanto ci indica.
L’educazione civica, secondo lei deve ‘incoraggiare lo spirito di imprenditorialità, nella consapevolezza dell’importanza della proprietà privata’. In modo quasi ossessivo nel documento traccia l’idea di una sorta di ‘educazione alla proprietà’. Ma cosa dovremmo farci di questo slogan vuoto? Stiamo oltrepassando finanche il senso del ridicolo, andando oltre la teoria delle tre “i” di berlusconiana memoria (inglese, impresa, internet).
Ai nostri studenti, signor Ministro, l’articolo 42 della Costituzione lo leggiamo e lo spieghiamo: ‘La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge […] allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere [..] espropriata per motivi di interesse generale‘. Dice proprio questo la Costituzione! Però non si ispira a Pol Pot ma alla dottrina sociale della Chiesa, al cristianesimo sociale di Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti.
Nelle Linee guida Lei continua, poi, con l’affermazione di sapore thatcheriano, ma in realtà generica e vuota quanto la prima, per cui dovremmo insegnare che ‘la società è in funzione dell’individuo (e non viceversa)’. Vede Ministro, se le dovesse capitare di sfogliare la Costituzione italiana scoprirebbe che il termine ‘individuo’ semplicemente non compare. E questo perché la rinuncia a questo concetto (l’angusto ‘io’ paleo-liberale chiuso nella rivendicazione egoistica dei propri diritti) faceva parte del patto tra i social- comunisti e i cattolici democratici, che lo sostituiscono con la nozione di ‘persona’ che indica ‘il singolo nelle formazioni sociali’ in cui solo si può realizzare.
La questione della patria, che lei intende come appartenenza identitaria e suggerisce di mettere al centro dell’educazione civica, merita da sola una prossima lettera. Mi consenta però di farle notare che, se sfogliasse la Costituzione, scoprirebbe che il termine “patria” compare solo una volta (perché Mussolini lo aveva profanato e disonorato) e per di più non ha niente a che fare con ‘i sacri confini nazionali’ da difendere o l’italianità quale identità da salvaguardare contro la minaccia della sostituzione etnica.
La patria è il patrimonio dei padri e delle madri costituenti, vale a dire le istituzioni democratiche non separabili dai valori costituzionali: l’eguaglianza, la libertà, la pace, la giustizia, il diritto di asilo per lo straniero ‘che non ha garantite le libertà democratiche’. I patrioti non sono quelli che impediscono lo sbarco dei migranti, ma coloro che ogni giorno testimoniano il rifiuto della discriminazione. Così come patrioti non erano i fascisti che hanno svenduto la patria a Hitler e l’hanno profanata costringendo milioni di italiani ad offendere altre patrie, ma i membri dei GAP (che non erano i ìgruppi di azione proletaria come ebbe a dire, per dileggio, Berlusconi), ma i ‘gruppi di azione patriottica’ (appunto), che operavano nella Brigate Garibaldi dei patrioti comunisti italiani, protagonisti della Resistenza quale secondo Risorgimento.
Ci consenta di formare i nostri studenti ispirandoci a chi di patria si intendeva: non a Julius Evola o Giorgio Almirante, ma a Giuseppe Mazzini che ha ripetuto per tutta la vita che la patria non è un suolo da difendere avidamente ma una ‘dimora di libertà e uguaglianza’ aperta a tutti: ‘Non vi è patria dove l’eguaglianza dei diritti è violata dall’esistenza di caste, privilegi, ineguaglianze. In nome del vostro amore di patria, combattete senza tregua l’esistenza di ogni privilegio, di ogni diseguaglianza sul suolo che vi ha dato vita’. (Dei doveri dell’uomo). Mazzini non contrapponeva la patria all’umanità, ma la considerava il mezzo più efficace per tutelare la dignità di ogni essere umano: ‘I primi vostri doveri, primi almeno per importanza, sono verso l’Umanità. Siete uomini prima di essere cittadini o padri. […] In qualunque terra voi siate, dovunque un uomo combatte per il diritto, per il giusto, per il vero, ivi è un vostro fratello: dovunque un uomo soffre, tormentato dall’errore, dall’ingiustizia, dalla tirannide, ivi è un vostro fratello. Liberi e schiavi, siete tutti fratelli’. (Dei doveri dell’uomo)
E ci consenta, da educatori democratici, di trascurare le sue Linee guida, perilluminare le coscienze dei giovani con le parole di don Milani: ‘Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri’.
Egregio Ministro, dal momento che la costruzione di una cittadinanza consapevole avviene anche attraverso l’esercizio della memoria storica e civile, Lei ci ha inviato a una circolare con cui ha bandito un concorso per le scuole con lo scopo di celebrare la ‘Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo’. Il titolo del concorso: ‘1945: la guerra è finita!’.
Incredibile! Il 25 aprile 1945 che, prima dell’era Valditara, era semplicemente e banalmente la ‘liberazione dal nazifascismo’ ora diventa un momento della ‘Giornata Nazionale delle Vittime Civili delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo’. Cosa dovrebbero ricordare le giovani generazioni nella sua bizzarra idea di memoria civile? Ecco il suo testo: ‘il popolo che ha subito sulla propria pelle gli orrori di quel tremendo conflitto, dai bombardamenti degli alleati alle rappresaglie nazifasciste [equiparati!] fino agli ordigni bellici inesplosi che, nei decenni a venire, hanno continuato a produrre invalidità e mutilazioni’. E tutto per andare ‘al di là della tradizionale lettura vincitori-vinti’, opposizione che attentamente sostituisce quella di antifascisti/liberatori e fascisti.
Capisce, signor Ministro, perché ci sentiamo soli nella trincea? E perché le ho detto che è ‘passato al nemico’ (il nemico è la parzialità, la manipolazione, la contrapposizione faziosa). Ma noi siamo combattenti testardi. Non avendo capi politici da lusingare, la nostra coscienza e la Costituzione antifascista sono le nostre uniche e inderogabili ‘linee guida’ da seguire nel formare cittadine e cittadini liberi e consapevoli.
Egregio Ministro, spero che queste parole non mi costino quella decurtazione dello stipendio che ha inflitto a un mio collega per aver pronunciato delle parole che Lei non ha gradito. Sarebbe non solo grave ma anche di cattivo gusto anche perché di recente insieme ad altri ministri lei lo stipendio ha cercato di aumentarselo.
P. S.
Le sue Linee guida stanno conseguendo i primi risultati. Qualche giorno fa uno studente che aveva studiato la divisione dei poteri di Montesquieu ha osservato che se un ministro fa una manifestazione sotto un tribunale per difendere un altro ministro sotto processo viola la separazione dei poteri. Aggiungendo che un ministro non è un semplice cittadino ma un membro dell’esecutivo, cioè di un potere dello stato. Gli ho risposto che ha ragione e gli ho dato un ottimo voto in Educazione Civica”.
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