A proposito delle linee-guida sull’obbligo di istruzione abbiamo posto qualche domanda a Domenico Chiesa, già presidente del Cidi, consulente del viceministro Bastico fino allo scorso mese di settembre.
“L’obbligo per almeno dieci anni – esordisce Chiese – non era una trovata politica per la campagna elettorale, bensì il centro del programma di Governo, l’elemento di reale discontinuità con il progetto precedente. Ora una legge dello Stato stabilisce che, da questo anno scolastico, l’istruzione è innalzata ad almeno dieci anni per tutti e per ciascuno, dai sei ai sedici anni comprendendo il primo biennio della scuola superiore.Prevede il miglioramento dell’efficacia in tutti i livelli della scuola, in una prospettiva unitaria dall’infanzia all’adolescenza”.
Comunque adesso la legge c’è. Cosa manca?
“Il Parlamento ha fatto ciò che doveva, ora il Ministero deve porre le condizioni per cui questo possa avvenire: reperire le risorse necessarie, condividere con gli Enti territoriali della Repubblica l’implementazione e la gestione sistemica del processo, sensibilizzare, ad ogni livello, la società civile e sollecitarla a sostenere la scommessa, soprattutto responsabilizzare le scuole su quanto loro compete, definendo le indicazioni e gli atti previsti dalla legge 296/06 e dal regolamento sull’autonomia”.
In questo contesto le linee-guida che funzione hanno? “Le linee guida, previste dal decreto attuativo del 22 agosto 2007, rappresentano il primo atto operativo rivolto all’avvio del processo. Certo sono deboli e in ritardo al punto che questo anno scolastico è ormai perso, ma ci sono. È necessario utilizzarle pienamente per garantire che non si perda anche il 2008/2009.
Serve una campagna mediatica positiva ad alto impatto comunicativo che alzi il livello e la qualità del confronto e renda favorevole il clima in cui costruire l’innovazione (altro che i segnali negativi e deprimenti sul bullismo e sui debiti da “onorare”)”.
E le scuole?
“Le scuole sono le vere protagoniste dell’innalzamento dell’istruzione che sia sostanziale, per tutti e per ciascuno. Vanno date loro le informazioni e le risorse necessarie per condividere e inserirsi nel progetto; in sostanza devono essere riconosciute e valorizzate nel loro difficile compito: tradurre in fare scuola e in incremento dell’apprendimento ciò che chiamiamo obbligo di istruzione per almeno dieci anni e che, dall’esterno, può solo essere orientato e sostenuto.
Nelle scuole e nei territori in cui, autonomamente, ci si è mossi per mettere le basi all’innalzamento dell’istruzione, qualche cosa comincia a realizzarsi positivamente”.
Forse c’è anche il problema di promuovere iniziative che preparino adeguatamente il terreno….
“E’ vero: l’innovazione non è riferibile ai soli nuovi due anni di obbligo in quanto la legge parla di dieci anni di istruzione e le dimensioni verticale/progressiva/distesa rappresentano la chiave per il successo del progetto.
E’ necessario un forte intervento di potenziamento della fascia 0-6 (rispettando le specificità del Nido e della scuola dell’infanzia).
Bisogna poi promuovere lo sviluppo della fascia di istruzione 3-14 (= tempo della scuola unica individualizzata) nella direzione della comprensività con il giusto equilibrio di specificità/continuità dei momenti 3-6 (campi di esperienza), 6-11 (codici e contesto culturale di senso), 11-14 (approccio esplicito ai saperi disciplinari).
Infine è indispensabile valorizzare i modelli didattici del tempo pieno e del tempo prolungato anche attraverso il superamento dell’opzionalità come risposta alla domanda individuale e forma implicita di canalizzazione dei percorsi”.
Il testo completo dell’intervista uscirà sul prossimo numero di ScuolaInsieme