Lo schema delle Linee guida è apparso sul sito dell’Ansas per un breve periodo in luglio e con accesso riservato. La discussione è rimasta così limitata agli addetti ai lavori, mentre una gestione più aperta avrebbe potuto stimolare contributi utili specialmente riguardo alle discipline.
La “dinamica integrazione” tra cultura umanistica, scientifica e tecnologica costituisce il leitmotiv per il secondo biennio e l’ultimo anno, tuttavia bisogna fare attenzione a non cadere in forzature. E’ il caso della storia.
Nell’introduzione delle Linee guida (al momento la sezione meglio definita) leggiamo che “l’insegnamento della Storia tende ad ampliare e rafforzare l’acquisizione delle competenze chiave di cittadinanza” e “l’approccio, quindi, non può che essere ‘globale’, ossia imperniato sull’intreccio fra le variabili ambientali, demografiche, tecnologiche, scientifiche, economiche, sociali, politiche, culturali”.
D’altra parte però, se andiamo a leggere la declinazione dei risultati di apprendimento in competenze e abilità, notiamo che non è così facile coniugare l’high-tech e l’high-touch con la storia in modo credibile. Lo sforzo di raccordare teoria e pratica, locale e globale, scienza/tecnica e cultura/etica, porta in qualche punto a delle forzature che andrebbero riviste prima di assumere veste ufficiale.
Innanzitutto crea disorientamento il cambiamento della scaletta dei risultati di apprendimento attesi “al termine del percorso quinquennale”, che in quanto tale non avrebbe dovuto subire modifiche rispetto alla definizione già pubblicata nelle Linee guida per il primo biennio.
In secondo luogo, l’apporto della storia, nell’ambito della programmazione del consiglio di classe nel secondo biennio e nel quinto anno, si concentra, un po’ riduttivamente rispetto al potenziale formativo della materia, su due competenze:
a) correlare la conoscenza storica generale agli sviluppi delle scienze, delle tecnologie e delle tecniche negli specifici campi professionali di riferimento.
b) riconoscere gli aspetti geografici, ecologici, territoriali dell’ambiente naturale ed antropico, le connessioni con le strutture demografiche, economiche, sociali, culturali e le trasformazioni intervenute nel corso del tempo.
Ma i passaggi che avrebbero bisogno di essere chiariti nell’edizione definitiva sono i seguenti: “Particolare rilevanza assumono il metodo di lavoro laboratoriale e le esperienze in contesti reali al fine di valorizzare la centralità e i diversi stili cognitivi degli studenti e motivarli a riconoscere e risolvere problemi e ad acquisire una comprensione unitaria della realtà”. Cosa vuol dire in concreto riferito alla storia? E cosa si intende per “Leggere, utilizzare ed applicare categorie e strumenti del ‘fare storia’ (o della ‘ricerca storica’, in altra stesura) in contesti laboratoriali ed operativi”?
E’ pur vero che le Linee Guida non costituiscono un prescrittivo programma ministeriale, e che le scuole nella loro autonomia definiscono il curricolo, ma forse sarebbe opportuno pervenire ad indicazioni meno fumose per evitare poi interpretazioni stravaganti e di dubbio livello qualitativo.