Didattica

L’informatica avrà un ruolo chiave nell’istruzione del futuro, vediamo perché

L’informatica sarà sempre più presente nella nuova filiera formativo tecnologica nel sistema dell’istruzione in Italia.

Sarà interessante capire la futura collocazione dell’informatica nel quadro dell’istruzione pubblica italiana, perché si tratta di una materia sempre più apprezzata nel mondo del lavoro ma anche una competenza non banale, basti pensare alla precisione, la capacità di analisi e di comprensione di un codice simbolico nonché la grande capacita di problem solving che occorre avere per sviluppare un programma.

Il nuovo disegno di legge

Nel Disegno di Legge approvato il 18 settembre dal Consiglio Dei Ministri il Miur nella nota relativa parla di oltre 500 mila addetti nel campo dell’’informatica e della Meccatronica richiesti dal mondo delle imprese già dal 2027 e che oltre il 48% di queste risorse non saranno reperibili in Italia (dati di Unioncamere Excelsior).

Per il Governo l’obiettivo di questa riforma ha proprio “l’obiettivo trasformare questi numeri allarmanti in una grande opportunità per i nostri giovani”.

Sarebbe una grande sconfitta, infatti, essere il secondo Paese Manifatturiero in Europa e non avere le competenze professionali adeguate a ricoprire i ruoli chiave.

Per il Governo e per il Ministro Valditara è importante ripensare alla formazione professionale attuale agganciandola alla formazione post diploma degli ITIS proprio per colmare la mancanza di competenze attuali necessarie nel settore tecnologico.

La sola riforma non basta

Ma è opportuno analizzare anche altri fattori culturali.

Vedremo se riforma riuscirà con l’intento ma spesso una sola azione non è in grado, da sola, di risolvere un annoso problema.

In Italia e soprattutto in alcune Regioni permane nella testa dei genitori e di molti insegnanti l’idea di una scuola superiore di fasce diverse, da una parte i licei soprattutto lo scientifico ritenuta circa il 50% la scuola scelta per proseguire gli studi dopo le medie e dall’altra gli Istituti tecnici ritenuti una scuola di serie B. Per proseguire poi un gradino più sotto con la scuola professionale.

Niente di più sbagliato come pensiero soprattutto in questa fase storica dove l’innovazione tecnologica sta cambiando le nostre abitudini, il turismo e le vacanze sono diventate un qualcosa di normale e irrinunciabile pensare come inutili percorsi didattici che insegnano a lavorare con le tecnologie o nel turismo per esempio. Come è sbagliato pensare che la cultura sia solo quella legata alla formazione classica.

Il tema di fondo è che ogni indirizzo di studi dovrebbe essere prima di tutto costruito per raggiungere le finalità per cui è stato attivato. Gli Istituti tecnici non devono essere liceizzati ma devono fornire al mondo del lavoro persone professionalizzate magari anche e con l’aiuto del ciclo triennale degli ITS.

Le scuole professionali devono insegnare e preparare i ragazzi ai vecchi mestieri di cui c’è e ci sarà sempre più bisogno.

E i ragazzi andrebbero indirizzati per le loro vere attitudini e non per il rendimento scolastico.

Non ci può essere un orientamento che ti indirizza al liceo solo perché alle medie hai i voti alti.

Come riportato da Agenda Digitale, tra qualche anno grazie alla mancanza di persone qualificate in informatica si sposterà inevitabilmente l’equilibrio “tra la formazione di cultura generale e professionale”.

“Il diplomato di una scuola tecnica informatica forse farà parte di una nuova élite”, il cui posto è conquistato solo grazie alla forza e alla necessità di queste nuove tecnologie il cui ruolo sociale tutti in buona parte consapevolmente accettiamo perché utili e necessarie.

In conclusione, è corretto modificare e cambiare la formazione scolastica per renderla in linea con le esigenze del mercato del lavoro, ma è passo fondamentale ma non sufficiente se non cambia la cultura e la mentalità rispetto agli indirizzi tecnici.  Come ultimo step ma non per importanza, le aziende ricomincino ad assumere diplomati specializzati e professionalizzati invece che solo laureati.

Dino Galuppi

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